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Il mosaico romano

di Bovara

A Bovara se ne è sempre parlato come di una favola, o con un alone di mistero e quasi di magia, anche perché fino agli anni Cinquanta del secolo scorso appariva e poi scompariva.
Trovandosi in un conoide di deiezione formato da detriti scaricati da un canale torrentizio identificato come Fosso di Bovara, parte terminale del Fosso della Romita o dell’Eremita che ha origine appena al di sotto della vetta del monte Serano, veniva scoperto o ricoperto a seconda della violenza delle precipitazioni.
Si conoscono almeno tre “apparizioni” della “pietra”, nella prima metà del ‘900 Il primo che ne ha scritto è stato Giovanni Canelli Bizzozzero1  che fu insegnante a Trevi, divenuto poi notissimo per le ricerche archeologiche a Cannara, sua nuova patria.
Quando io avevo sette o otto anni [1905 o 1906] mia madre mi condusse a vedere un mosaico romano, che era affiorato, nella località Il Fosso di Bovara, in seguito ad un acquazzone. Le acque abbondanti lo avevano scoperto. Era di modeste dimensioni, in tessere bianche ed aveva una fascia policroma.” (V. testo integrale).
Il testo fu ripreso poi da Carlo Zenobi in “Trevi Antica” (pag. 83, nota 1). Tra le varie testimonianze orali, Feliciano Spellani (1906 – 1997) ha raccontato più volte che, quando era bambino (forse nel 1913), suo padre una sera, al lume di una lanterna a olio(!), lo condusse a vedere “la pietra”, come se si trattasse di un evento memorabile che incuteva rispetto e segretezza. Ma nessuno ha mai descritto con una minima approssimazione dove fosse ubicato.
Nella foto più sotto si è cercato di individuarlo in base alla testimonianza di chi lo vide da bambino:
«Purtroppo fu soltanto per pochi attimi tanto che non mi resi conto se fosse un mosaico di tessere collocate ad arte o una lastra levigata con inclusioni di altro minerale nero. Avevo sei o sette anni (nel 1943 o ‘44) e al ritorno da scuola, da Casa del Putto verso la Castellina, seguii altri ragazzi più grandicelli che andavano a vedere il fenomeno, verificatosi in seguito ad una pioggia torrenziale, pochi metri a valle della strada Trevi – Bovara – Pigge. Ma subito fummo richiamati all’ordine da qualcuno preoccupato che andassimo a prendere postazione per una esaltante sassaiola a squadre, poiché il terreno era particolarmente adatto essendo costituito esclusivamente di ciottoli di varia dimensione. Seguirono alcuni giorni di maltempo e di piogge abbondanti e il “fosso” momentaneamente deviato ritornò nel suo alveo abituale dopo aver ricoperto per sempre il mosaico con altro materiale alluvionale».
Quella fu l’ultima volta che fu visto e ammesso che da allora non sia stato danneggiato, non accadrà più che possa di nuovo tornare alla luce per la piena del “Fosso”. Infatti, nei primissimi anni del dopoguerra, per alleviare la disoccupazione bracciantile, furono costruite moltissime serre o briglie di sbarramento in tutti i torrenti montani, con l’indiscutibile risultato di eliminare completamente le alluvioni ricorrenti che trascinavano ciottoli fino alla Flaminia.
Chissà se e quando matureranno i tempi perché si possa intraprendere una ricerca di questa ulteriore testimonianza della millenaria civiltà del nostro territorio?

Elaborazione da foto Google

  La traccia GIALLA indica il percorso più frequente del "Fosso"
La traccia ROSSA indica il percorso delle acque nelle alluvioni che hanno interessato il mosaico
  Il cerchio ROSSO indica l'area più probabile in cui è ubicato il mosaico.

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Aggiornamento: 09 febbraio 2021.

Note
1) Giovanni Maria Canelli Bizzozzero (Trevi 1898, Cannara 1982), di Luigi e Ginevra Simoncelli. Ha insegnato a Trevi, dove era ricordato con affetto dai suoi allievi (Carlo Zenobi, 1974) ed era rimasto in contatto con amici (D. Aurelio Bonaca, vedi: BorgoTrevi - Nuova chiesa, nota 1). Si trasferì a Cannara nel 1926.
Nel 1931 costituì il Comitato per la difesa dei monumenti e del paesaggio, per dar seguito a ricerche archeologiche iniziate già nei primi dell’Ottocento dall’abate Giuseppe di Costanzo e un anno dopo iniziò la campagna di scavo che portò alla scoperta del magnifico mosaico policromo con scene nilotiche e marine di oltre 62 m² e perfettamente conservato. Il reperto suscitò notevole interesse tanto che, con il pretesto della mancanza a Cannara di un ambiente idoneo a riceverlo e in occasione della nuova sistemazione della Mostra della Rrivoluzione Fascista (1935), il mosaico fu trasferito al Museo Nazionale Romano (Terme di Diocleziano) ove rimase per mezzo secolo prima di essere restituito a Cannara, sistemato nella bella sala del Museo civico intitolata al Bizzozzero.
Di aspetto e di modi molto distinti, il Bizzozzero a Cannara fu sempre qualificato come “professore” anche dopo essere stato sindaco del comune (1944-1946) ed essere insignito dell’onorificenza di commendatore.
Tra i suoi scritti:
 Bovara, Scuola Italiana Moderna, Anno XXXV, n. 1- Ottobre 1925, pagg.4.
La zona archeologica di Collemancio, "Urvinum Hortense"
, in BDSPU, XXX, 1933.
Cronaca degli scavi archeologici di Urvinum Hortense
, in L'archivio del Comitato per la difesa dei monumenti e del paesaggio di Cannara, Inventariato da Silvia Tommasoni, Soprintendenza Archiv., 1989.
Notizie degli scavi. Comunicati, in Archivio del Comitato per la difesa dei monumenti e del paesaggio di Cannara, fase 2, 1938.
Il municipio romano di Collemancio, in Nuova Economia LXXX, 2, 1972.
Origini e vicende di Cannara e dintorni, Campi, Foligno, 1976.
Oltre a numerosi altri articoli in giornali e riviste.
Dati gentilmente forniti dal Rag. Mario Scaloni di Cannara.(2021)