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ANNALI

di Ser Francesco Mugnoni da Trevi - dall'anno 1416 al 1503

 

Sezione 2a - dall'anno 1477 al 1482 (6 settembre)
da pag. 54 a pag. 69 dell'opera a stampa

 

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Nota:Tra parentesi acute < > è riportato il numero della pagina del testo a stampa "Estratto". Tra parentesi quadre in grassetto[ ] il numero della "carta" del manoscritto originale, così come figura nel testo a stampa.
Le parole divise a fine pagina sono state trascritte per intero nella pagina dove erano iniziate.

Il richiamo * e le relative note in grigio sono stati apposti con la presente trascrizione

<54>
[c. 25 v]

1477 et del mese de jugno, quando io era cancellario de Monteleone, venne una novella et fama che Grifone de braccio de li baglionj perusino signore de Spello fo morto (1).

1477 et del mese de augusto, quando io era in dicto loco per cancellerj, venne una novella, che in Perosia se era scoperto uno tractato, che volivano dare Perosia al conte Carlo; et per questo fo preso Cesarj de meser gamennone genero de Braccio de balglionj, [m]enato ad Roma a) et messo in castello Santo angelo; et fugerosi multi ciptadinj tra quali ce fo meser Antonio gratianj quale fugì ad Fierenze b) (2). Et del mese de septembre proximo sequente venne el conte Carlo con grandissimo exercito contra Senesi, et fo creduto che venesse con favore de venetianj
[c. 26 r]
et fiorentinj. Finalmente senesi [furono] adiutatj dal re de Napuli re Alfonso, et anco dal papa, cioè papa Sisto quarto, quale monì el come Carlo conte homo de santa chiesa che da la impresa se cessasse. Non volendo cessare, abisognò cessare per forza jntanto che, come caduto in [in]obedientia del papa, fo posto campo ad Montone per lu Re et senesi et per la ecclesia, et fo tolto Montone al prefato conte Carlo, [et] privato: et non fo maj adiutato da persona, et in quisto modo remase deluso et decepto da fiorentini et venetianj c).

1478 et addj XXVIII de aprile, essendo jo ad Fabriano in offitio per iudice del podestà con meser Cipriano da Fuligni (3), venne una novella et

 

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a)  et st.canc.       b) et fugerosi ... ad Firenze, giunta marginale.        c) in margine: Montone

 

 

 

(1) L'uccisione di Grifonetto di Braccio Baglioni, assegnata dalla Cronaca Perug. Ined. (Boll. cit., XI, I, 105 sg.) al l° maggio, avvenne a Ponte Ricciolo in quel di Cantiano, per opera di Berardino d'Alovigi da Sassoferrato, pare per ragioni politiche. La stessa Cronaca riferisce che a Braccio furono fatte molte dimostrazioni di cordoglio, non solo dai perugini, ma anche dal duca d' Urbino, e da varie comunità.

(2) Carlo Fortebraccio, le cui mire sopra Perugia erano già da molto tempo manifeste, nella seconda metà di giugno era stato diffidato dal papa d' allontanarsi da Montone, com' egli fece, recandosi a depredare Il territorio senese. Avuto egli nei primi di agosto un felice successo su Antonio di Montefeltro, inviato contro di lui, i timori di Perugia si fecero più forti che mai: incominciarono subito a manifestarsi I segni d'una congiura, che si cercò subito di sventare. Come i più Indiziati furono presi di mira Cesare degli Arcipreti, e Antonio Graziani, i quali, per l'autorità di che godevano in Perugia, e pel largo seguito su cui potevan contare, erano molto temuti dal partito dominante.

Cesare degli Arcipreti, ritenuto dapprima sotto buona custodia nel palazzo del Governatore, fu condotto a Roma il 17 ottobre con grande apparato di forza, e chiuso a Castel S. Angelo, ove restò fino alla morte, accaduta il 9 giugno 1482. Egli fu assai compianto, anche perché non era risultato chiaro « che lui avesse errato » (Cronaca Perug. Ined. in Boll. cit., IX, I, 110 sg. e II, 206).

Il Graziani che, secondo la citata Cronaca, fu come sospetto invitato a Roma insieme con Pietro d'Oddo della Branca e Lodovico d'Antonio Acerbi, ebbe forse intimo d'andare a confine. Il medesimo Cronista aggiunge, che alcuni cittadini, messi sull'avviso da questo fatto, seguirono volontariamente la medesima via.

(3) « Mr. Crpriano di Battista Antonini fu dottore, e nel 1471 Capitano delle Appellationi del Popolo di Firenze, nel 1479 Podestà di Fabriano, nel 1480 Podestà di Fermo, nel 1481 Capitano di Giustizia del Popolo di Perugia e nel 1485 Podestà di Siena e Consigliere nobile di

 

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fama, corno
[c. 26 v] meser Jaco dey pazi da Fierenze potentissimo ciptadino, una colla (sic) arcevesco de Pisa et con multi altri a) homini et pretj, et maxime con meser Antonio gratianj de Perosa, forono tagliati ad pezi, perché col favore de re de Napulj et del conte Jeronimo signore de Imola principale homo de papa Sisto, et con favore de multi altri potentissimi, volivano mutare stato de Fiorenze, et quando se dicea lu offitio in santa Liberata amazarono Lorenzo de cosmo overo el suo fratello: et perché non venne fatta, perderono l'ardire et forono morti più de 100 tra preti b) et secularj (1). Et allora era in Fiorenze el cardinale de san Jorgio nepote del dicto conte Jeronimo de età de xvi anni, et c) ipso con suo fratello picinino campò et forono presi, et lu papa
[c. 27 r]
remandò per luj, fiorentinj non lo volsero rendere (2). Poi dopo certo mese lu remandarono ad Roma et fo facto legato del ducato et de Perosia. Et li fiorentini forono interdicti de la uccisione facta de tanti

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a) altri ripetuto.            b) et al... canc.        e) et fo i... canc.


F

'

Foligno eletto dal Governatore di Foligno nel 1457, 1463» (Jacobilli-Onofri, Delle Famiglie Nobili di Foligno, ms. e. 56). Come capitano in Perugia nel 1481, e pure ricordato dal Fumi, Inventario e spoglio ecc. cit., p. 99.

(1) Il celebre avvenimento della congiura dei Pazzi è raccontato dal Mugnoni secondo le prime notizie avutene, perciò non senza inevitabili imprecisioni e inesattezze. Così egli non sa dirci quale dei due fratelli Medici vi restò ucciso. Ma anche il Mugnoni, come la maggior parte dei diaristi del tempo, attribuisce la colpa di quel delitto a Girolamo Riario, e indirettamente ne rende responsabile il papa. Sopra chi ricada la vera colpa, e in qual misura, è stato dimostrato dal Pastor, II, 505. '

Anche la Cronaca Perug. Ined. (Boll. cit., IX, II, 78) accenna al particolare dell'uccisione di Antonio Graziani, aggiungendo che Gentile, Pietro, Paolopietro e Berardino Graziani subirono la medesima sorte. Non ci pare molto attendibile la supposizione dello Scalvanti, «che questi perugini militassero allora nella compagnia, che il Salviati, arcivescovo di Pisa, aveva condotto a Firenze per impadronirsi del palazzo della Signoria, mentre nella cattedrale si sarebbe consumata la strage di Giuliano e di Lorenzo dei Medici» (ivi, p. 144, n. 1). La notizia già data dal Mugnoni, dello scampo ricercato in Firenze da Antonio Graziani, sembra sufficiente a spiegare come egli e i suoi parenti (che nelle cronache perugine sono spesso ricordati per atti di brutale violenza, per cospirazioni e per soprusi) in quel nuovo domicilio seguitassero a congiurare contro i Medici amicissimi di Braccio Baglioni, tanto che Braccio fu tra i primi a cui Lorenzo partecipò il 'e tristo caso » (Archivio di Stato in Firenze, Carteg. Medic. avanti il Principato, filza 34, n. 316). I Medici a Perugia contavano così larghe aderenze tra i nobili nemici dei Graziani, che la città oppose una recisa resistenza agli ordini papali di rompere la lega con Firenze.

(2) Raffaello Sansoni Riario figlio di Antonio Sansoni e di Violante Riario, pronepote di Sisto IV, cardinale di S. Giorgio e allora legato dell' Umbria, dai contemporanei viene comunemente chiamato «il cardinal nepote del conte Ieronimo». Egli contava 18 anni, e non soltanto 16, quando si trovò impigliato, sembra, del tutto ignaro in quel nefando delitto. Recatosi a Firenze per sfuggire la peste, era stato invitato ad un banchetto dai Medici il giorno stesso che aveva luogo il misfatto. .

Dalla Cronaca Perug, Ined. (Boll, cit., IX, II, 145) risulta che il vicelegato si adoperò a tutt'uomo, ma invano, per ottenere la liberazione del giovane cardinale: sulla cui prigionia, che durò circa un mese, cfr. Pastor, II, 515 sg. Del «fratello piccinino» del card. di S. Giorgio, non c'é stato dato trovar altre notizie.

 

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pretj. Et del a) mese de augusto proximo sequente 1478, lu re de Napulj et lu papa et senesi andarono contra fiorentinj con grande exercito, et lu capitano generale era el duca de Urbino messere Federico. Li tolsero infinite castella, et chi assachigiate et chi non, et maxime la Castellina et lu Monte de Sansavino. Poj auto el Monte de Sansavino venero alla Zeppa de Valleiano (1); et poj del mese de novembre alla fine andarono le gente darme alle stantie, et per tucto el paese
[c. 27 v] se sparsero le gente d'arme : et nostri vicini circumstantj et nuj da Trevi fomo liberj da soldatj et gente d' arme, che ne bisognò sciovernare la mità de quilli che ebbero li nostri vicini b) per mezanità de meser Natibene da Trevj auditore del vicelegato (2). Et pertanto

 

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a) Cancellatura.      b) la mità ... vicini sopralinea.

(1) Il profondo attrito tra il papa e i fiorentini, a cui si riferiscono queste azioni militari, sulle quali la Cronaca Perug. Ined. (I, cit., 147 sg.) ci darà più minuti particolari, ebbe principio dal disprezzo con cui la città accolse la scomunica e l'interdetto pontificio. Ammirato, Istoria di Firenze, 1, 24 e Pastor, II, 516 sg.

(2) Natinbene di Angelo Valenti dottore e personaggio di alta autorità, di nobile famiglia trevana, ricoprì molti importanti uffici pubblici nella propria terra, e negli stati ecclesiastici. Il Moroni, LXXX, 61, ricorda ch' egli cooperò col fratello Giovanni alla riforma dell'antico Statuto di Trevi. (Nell'Archivio Comunale antico di detta città si conserva uno Statuto Vetustiore, codice membran. di cc. 80, ordinato con riformanza comunale del giugno 1427, ti. 70; ed un secondo detto Statuti recensiori, in carta reale, CC. 82, deliberato il 14 aprile 1499, n. 173. Ora se i dati cronologici indicati nel Catalogo sono esatti, non parrebbe verosimile che il Valenti, abbia potuto dare sia all' uno che all'altro dei due Statuti il contributo accennato dal Moroni). Il medesimo aggiunge che, aggregato alla cittadinanza romana nel 1469, fu anche collaterale di Campidoglio e uno dei riformatori dello Statuto di Roma sotto Paolo II. Negli atti del consiglio comunale di Trevi il nome del Valenti ricorre frequentemente per le pubbliche cariche ricoperte. Il 22 ottobre 1469 era consigliere di Trevi e proponeva di rimettere, al governatore la questione dei paduli: nel 1471 commissario pontificio a Visso ove divampavano le fazioni in violentissimi eccessi (Arch. della Guaita d'Uscita, Spese Bimes. Novembre-Dicembre d.°). Il Mugnoni fa ripetutamente menzione di questo illustre personaggio, a cui, ed alla cui famiglia, che ambiva al primato in 'Previ, si dimostra fedelissimo amico. Nel 1485 fu locotenente di Perugia pel cardinal legato Arcimbaldo  Arcimboldo .

Gli ultimi anni di sua vita li trascorse in patria, occupandosi attivamente dei pubblici affari, e prendendo vivo interesse al santuario delle Lacrime. Il 18 dicembre 1485 è deputato con M.° Giovanni medico, e ser Giovan Gabino a trattar la pace con Foligno; il 26 aprile 1487, dei 5 deputati preposti alla fabbrica di S. Martino; il 22 luglio detto, dei tre deputati pacerii et officiales pubblice honestatis eletti dal consiglio su proposta dei B. Bernardino da Feltre; e il 25 seguente, dei sei preposti all'esame delle Sante Costituzioni dal medesimo Beato; l'11 dicembre, stesso anno, assiste come membro della Confraternita delle Lacrime al controllo d' appalto della fabbrica di M.° Antonio Marchisi ; il 15 novembre 1487 compone le differenze tra Foligno e Trevi (rogito di Tommaso Gabrielli notaro di Trevi) ; l'11 aprile 1488 presenzia al lodo del lavoro dell'architetto Marchisi; il 20 aprile, come sindaco del convento di San Martino, affida l'esecuzione di certe pitture a M.° Pierantonio Mesastris di Foligno; il 27 luglio è costituito dal consiglio membro della commissione incaricata di processare M.° Giacomo lombardo sodomita conforme alle Sante Costituzioni del B. Bernardino; il 7 marzo 1489 rappresenta la Confraternita delle Lacrime e il Comune nelle convenzioni stipulate coi PP. Olivetani per la rettoria di detta chiesa. Da Marchesina Lucarini sua moglie ebbe una sola figliola nominata

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sempre se vorriano avere li homini virtuosi, che delli bisogni fanno relevati servitij, et utile per la comunità sua et per li amicj.

1478 et addì xvj de luglio, tornaj da Fabriano et lassay lu offitio per l'interi sey misi, perché io era advisato da mio patre che era grande pestilentia in Trevy et in nel contado (1). Et quando jo tornai, trovaj la donna mia in Trevj inseme con tre figlioli,

[c. 28 r] ciò è Nicolò, Feticismo et Francisco angelo, et stavano serrati in casa; et la peste ce offendiva più che maj ce offendesse in dicto tempo: et per prima erano fugiti in Collechie ad casa de Jeronimo de augustino, et poi venne la peste là in casa, bisognò se tornasse ad Trevj, et per questa cagione se retornaro ad Trevj. Jo essendo tornato, et stando malcontento, deliberay de partirme, et feci fare una capanna socto santa Maria (2), et in dj de santa Maria magdalena me partj et feci fare dicta cappanna et lì stectj per insino ad santa Maria de augusto a), et lì se amalò la donna mia et Francisco angelo. Anday ad Castello novo (3), et lì per la mala aria che avia pilgliata alla capanna, se

 [c. 28 v] amalarono Nicolò et Felicismo, et la donna mia guarì, et stectero admalatj insino ad mezo novembre, che tornai ad Trevj, ché la peste non ce faciva più danno. Odi mirabile cosa:

 

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a) et poj canc.

 

 

Costanza, come da rogito di Tommaso Gabrielli notaro di Trevi all'anno 1504. Donna Marchesina lasciò erede dei suoi beni Pierfrancesco Lucarini suo padre, e volle esser sepolta in San Francesco nella tomba ov'era Natimbene suo marito e Costanza sua figlia.

Il Natimbene, come si vedrà a suo luogo, morì per paralisi il 28 aprile 1493 e fu sepolto - nella chiesa di S. Francesco di Trevi. Di lui si hanno notizie in Durastante Natalucci, Historia Universale ... di Trevi, ms. ; Pellini, Dell' Historia di Perugia, pp 46, 772-776; C. Bartolini Le Antichità Valentine ecc., ristampato in Perugia nel 1823; Archivio Valenti, Memorie generali delle Famiglie Valenti e di Trevi, Tomo 1, ms.

(1) La pestilenza non si localizzò quest'anno soltanto a Trevi. La Cronaca Perug. Ined. (Boll. cit., IX, II, 148) c'informa ch'essa si manifestò in luglio anche a Perugia; molti cittadini ne morirono in pochi giorni: «pure se comenzarono a partire persone assai e andavano fora a le lor possessione».

(2) S. Maria di Pietra Rossa, antico e monumentale edificio sul piano sottostante a Trevi, presso la Via Flaminia, ricco di affreschi votivi del XV e XVI secolo.

(3) La denominazione di Castel Nuovo, che apparisce nei documenti della seconda metà del '400, presentemente è scomparsa. I dati che dallo stesso Mugnoni possono desumersi, stanno a dimostrare ch'esso esisteva non lungi da San Luca e Cannaiola, presso il Marroggia. Il «castel nuovo » del Mugnoni deve quindi identificarsi col castello di San Giovanni; lo chiama «nuovo » perché prima era « bastia »: fu eretto a castello con breve di Martino V del 1423, e potentemente fortificato da Trevi dopo il suo recente acquisto avvenuto nell'agosto 1474. Cfr. p. 25 sg. Una commissione formata di Natimbene Valenti, Gianfrancesco di Franceschino Lucarini, Trincia di Francesco Manenti, Tiberio Valenti, Bartolomeo di Ser Giacomo Pauloni ed altri aveva l'incarico di fornire il castello di mura e di torrioni (Riformanze, 1488, c. 109; 1489, c. 130). Il Consiglio comunale di Trevi il 14 ottobre 1498 confermava una deliberazione degli uomini di quel luogo circa le piantagioni prope foveam dicti castri, in cui sancisce multe in favore della fabbrica del castello stesso. Archivio Antico del Comune di Trevi, n. 168.

Altri crede che Castel Nuovo sia l'antica denominazione di Cannaiola. Però a c. 93r li troviamo nominati insieme come località distinte [Nota del Pirri in errata-corrige a pag. 196]

 

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che a) tuti quilli che fugerono in nelli padulj per la peste (1), che forono più de 300 anime, che quilli non ebbero la peste, tuti, piccoli et grandi, se amalarono de febre, et durò de po' passata la peste.

* 1479 et de mense ... Comparay una vacca et una vitella per le mani de ser Johanni gabino da Jaco de biascio alias de cecha da Fabrj per sey fiorinj b) *.

1479 et del mese de marzo, venne novella vera che venetianj aviano facta treva col turcho (2).
[c. 29 r] 1479 et del mese de aprilj, fo octenuto in consilglio, et lu consultore fuj io Francisco, che acteso che per tristitia de li podestà che conducono li offitialj ad poco prezo et maxime li collecteralj et iudice, per la qual casione infiniti malifitij passano impuniti, che se supliche alla Santità del papa, che ce dia autorità che possamo elegere el iudice overo coliecterale del salario del podestà ad sue spese. Item jo fuj mandato ad Roma del dicto mese, tornay de magio, et fo octenuto per me dicta gratia, et anco el legato de Perosia ce concedecte dicta gratia. Tutte queste cose degono essere in camera (3).

Item 1479 et addj viij de Jugno, el figlio del conte Carlo da Montone corse insino alle porte de Perosia, cio è de santo angelo, con più de xx squadre de gente d'arme et con più de 3000 fantj, per togliere lu stato ad Braccio de malatesta suo fratello consobrino; et tucto Perosia se levò in arme, et non uscì fore perché dubitavano Braccio et l'altri non ce fosse tradimento dentro, perché era et è amato multo el conte c) Carlo. Tornose in dereto. Fo combactuta la porta un pezo, poj se tornò in dereto como è dicto, perché non se scropiva persona delli sua partisianj d).
[c. 29 v] Et in nella sua tornata prese più de octo castella de perusino de intorno al laco. Subito succorse el duca de Calabria e) et lu duca de Urbino che erano in quello de Sena con più de 50 f) squatre de gente d'arme et con più de 3000 fanti: et, quilli del conte Carlo se tiraro in dereto g) in nel territorio de h) Fiorenza col favore della quale i) fece tucto questo lu dicto figlio del conte Carlo. Forono recuperatj tucte le castella, et la guerra se redusse intra Fiorenza et Sena. Et questa guerra faciva et fa papa Sisto 4°et Re Fernando re de Napoli.

 

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a) che canc.       b) Canc. e in margine: cassum quia fo revenduta et cassa la soccita       c) contente (sic).         d) et poi se ne canc. e) n (?) canc.        f) sguast... canc.       g) in quillo canc.       k) Sena canc.     i) del quella (sic).

 

'

 

 

(1) Circa i paduli che infestavano il piano umbro avremo occasione di parlare li] seguito diffusamente.

 

 

 

 

 

(2) Si allude alla pace del 25 febbraio, con cui Venezia si proponeva di distogliere il papa dall'infelice ed ostinata guerra mossa a Firenze, giovando però molto all' espansione ottoniana ottomana verso Occidente.

 

 

 

 

 

 

 

(3) Il breve di Sisto IV contenente questo privilegio circa la uomi,a e il salario del podestà, datato 29 maggio 1479, conservasi nell'Archivio Antico del Comune di Trevi, n. 142.

 

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In contrario è fiorintinj, venetianj, la duchesa de Milano, lu marchese de Ferrara et lu signore de Mantua (1).

Item 1479 et addj xviij de jugno, intesi in Trevj che lu conte a) Carlo era morto ad Cortona perché certj medicinj glie volsero cavare la preta che avia, et per questa cagione pativa grande infermità (2). O judicio de dio! Jo Francisco vidj, più de uno mese passato prima, uno judicio de uno Gironimo bolognese de quisto anno b) 1479, et tra l'altre cose diciva che omnino dovia morire uno grande capitano de gente d'arme c) del mese de Jugno.
[c. 30 r] Et verba dicti judicij fuerunt et sunt ista, videlicet: «Non perveniet sol ad altum sollistitium quin magnum armigerum mori contingat, ymo maximum: quin inquam moriatut morte: et hc est, ante quam transeat mensis junij: conclusio verissima: et nunc loquimur in Ytalia. Qui habet aures audiendj audiat. Ac etiam plures armigeri, armorum conductores, ab hac vita deficient». Et sino in dicto dì xviij de jugno è trovato vero et caduto el vero in persona del dicto conte Carlo, grande capitanio in Ytalia et fore de Ytalia, ché fo tanto tempo contra li turchi ad instantia della Signoria de Venetia.

 

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a) contente (sic).       b) 149... canc.        c) Tra Il mese de magio insino ad xxiiij dj de luglio, et cusì é stato,  canc.

'

 

(1) Berardino di Carlo Fortebraccio dei Baglioni si trovava al soldo di Firenze con tre squadre soltanto, per la guerra contro il papa. Se la spedizione verso Perugia fu compiuta con forze così poderose, che il Mugnoni fa salire a più di venti squadre e 3000 fanti, mentre la citata Cronaca Perug. Ined. (Boll. cit., IX, II. 154) dice essere avvenuta «con 16 squadre de cavalli e fautaria assai», si deve al fatto che al Fortebraccio s' unirono Roberto Sanseverino, che pure serviva i fiorentini con 12 squadre, e Costanzo e Gentilomo degli Arcipreti. Intorno a questo episodio, che tanto sbigottì i perugini, credendo la spedizione guidata da Carlo Fortebraccio in persona, il quale trovavasi invece gravemente malato a Cortona, vedi diffuse notizie presso la succitata Cronaca.

Il Fabretti, Biografie dei Capitani Venturieri dell' Umbria, vol. II, Montepulciano, Fumi, 1843 (Carlo Fortebracci p. 331 sg.) attribuisce questa impresa, più che all'ambizione che Carlo da lungo tempo covava di togliere a Braccio la quasi signoria di Perugia, alle istigazioni dei fiorentini, bramosi di vendicarsi di questa città, perché, cedendo alle imposizioni di Roma, non aveva riconfermato la lega.

Lo Scalvanti, in nota alla Cronaca Perug. Ined., si mostra d' altro avviso: egli crede che i Fortebraccio seguissero l' impulso della loro personale ambizione: e questa opinione sembra acquistar maggior valore dall'esplicita testimonianza del Mugnoni. Ma resta pur sempre difficile a comprendere, come Firenze si prestasse così di buon grado a soddisfare alle loro mire particolari, anzi mettesse a tal uopo a loro disposizione forze così rilevanti, mentr'essa era impegnata in una guerra d'esito assai temibile; e più ancora, perché mai si scegliesse all'impresa un momento sì poco opportuno, attesa la gravissima malattia che affliggeva, e poco appresso condusse a morte, il famoso capitano.

(2) La morte, secondo la Cronaca cit., era avvenuta il giorno innanzi. Il iudicio circa la morte di Carlo Fortebraccio, a cui si riferisce il Mugnoni, è una riprova della grande voga che aveva presa l'astrologia nel Rinascimento, e in modo speciale in Padova, a Milano e a Bologna; come attesta un' abbondante letteratura in forma di trattati, e specialmente di calendari. Pastor, III, 107 sg.

 

 

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1479 addj xxvij de jugno, fo facto facto d'arme tra le gente de Fiorentini et le gente della ecchiesa in quello de Perosia appresso Passignano de laco, et quilli de chiesa forono rocti et perderono circha sey squadre et tucti li carichi, et lo maiore danno forono li cariagj che altro. El signore Macteo' da Capua et lu Signore Julio da Camereno dal canto de la chiesa, et da l'altra parte, dal canto de li fiorentini, lu Magnifico Ruberto da Riminj et lu figlio del marchese de Mantua et de Ferrara (1).
[c. 30 v] 1479 ed addj v de augusto de jovedj che fo santa Maria de la neve, fo designato overo pilgliato el loco a) in nello monte della b) plebe de santo Martino per li frati dello observantia de santo c) Francisco per fare lì uno loco devoto per ipsi frati : et de questo fo cagione uno Antonio de federico gentilomo d), che, anco non è l'anno passato, che fece testamento per le mano de ser Tomasso de gabrielle da Trevj, dove lassò che infra uno anno se desse principio ad fare dicto loco, et lassò circha ad octocento fiorini. Dio l'abbia receuto alla salute dell' anima: dio, perché in quisto mundo non fo bono homo, et inganava multo le persone in sue mercantie (2).

1479 et addì 26 de novembre, li operarij ordinati in consiglio allocarono ad mastro Baltassare da Como lombardo la fabrica de santo Martino e), et io Francisco ne fui rogato (3).

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a) In margine: Delle cose subcedute sopra quisto loco vide qui de socto ad carte 49 et 74.       b) sant. canc.        c) Martino canc.        d) Postilla marginale posteriore: Antonio de federico de casa Manentischi.        e) et jo canc.

 

'

 

 

(1) Secondo la Cronaca Perug. Ined. (Boll. cit., IX, II, 154 sg.) la rotta dell'esercito della Chiesa avvenne il 28, e non il 27 giugno, nel Piano di Monte Sperello.

(2) Fin dal 1473 la Comunità di Trevi aveva deliberato di dare ai frati francescani dell' Osservanza un luogo per fondare una casa (Rifornr. Com., c. 174): proposito che si effettuò, mediante la cessione, fatta da Tommaso Valenti e approvata da Sisto IV, dell'area ove un tempo sorgeva l'antica chiesa di S. Martino, già dipendente dall'abbazia di S. Pietro di Nocera Bovara (Wadding, a. 1479, n. 19; Jacobilli, Cronaca del Monast. di Sassovivo, 227 sg.). La Comunità concorse nella fabbrica dei convento, alla quale destinò il provento dei Danni Dati, della Cencieria, e metà dei proventi dei Malefizi per cinque anni (WADDING; Riform. Com., a. 1488, f. 115; a. 1495, f. 73). Sebbene nel 1484 i frati ne prendessero solenne possesso, come ricorda a suo luogo il Mugnoni, tuttavia la fabbrica non era ancora finita. Essa prese un efficace incremento dopo il 1499, dal generoso legato di mille fiorini, fatto, come lo stesso Mugnoni ricorda, dal mercante Antonio di Battista Federico. Il dott. Natimbene Valenti, il dott. Gregorio di sr. Giovanni, il giurisperito sr. Francesco petri cotij, sr. Moscone, Bartolomeo di mr. Franceschino e Giovanni Angelo di Nicolò, deputati super fabrica Sanicti Marlini et cura ecclesie et fralrum, impetrarono dal Consiglio della Comunità, il 26 aprile 1487, un sussidio di 6 coppe di grano e 3 some di vino, per sovvenire la estrema povertà di quei religiosi, nell'angustia in cui essi erano ex continuo transitu fratrum venturorum ad sacratissimam ecclesiam S. Marie de Angelis extra Assisium. Archivio Antico del Comune di Trevi, n. 155. Un altro generoso lascito di 300 scudi fu fatto circa Il 1585 da sr, Attilio di Gregorio (Cfr. rogito 4 marzo 1586 di Francesco Mattioli). I frati dell'Osservanza furono tolti dal convento di S. Martino da Paolo V nel 1612, ponendovi i Minori della Riforma. Durastante Nnatalucci, MS. Cit., C. 193 sg.

(3) M.° Baldassare Georgij di Como dimorò, se noi stabilmente, almeno per lungo tempo a "Trevi. L'8 decembre 1477 la Comunità gli dava in appalto un torrione da erigersi apud

 

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1479 ad xx de dicembre, venne la novella ad Trevj che Colle de valdessa, terra grande del dominio delli fiorentinj, fo presa dalle gentj della echiesia et del re de Napulj.

1479 et addj penultimo ovvero ultimo de novembre, morì Braccio de malatesta de Baglioni da Perosia (1).
[c. 31 r] Nota digno de memoria, che in nelle 1479, tucto quisto anno insino ad tucto febraro 1480, fo tanto lu sciucto, che non piobe, che se seccò la vena de la a) fonte che vene là da Lapigia, et' le cisterne de Trevj mancarono. Fo de bisogno de gire per l'aqua al fiume. Et più, che uno chiamato Miliano de li fornarj con una sua mula andava al fiume per l'aqua in tre barili, et vendiva la soma uno boligino et mezo.

Et più in dicto anno 1479 fo la ditta secca et sciupto; et le vigne fecero poco mosto per la secca; et piovendo una volta o duj al più del mese b) de septembre overo de octobre, era l'uva de le pergule quasi secca, et per dicta piòvia se reinvene che in dicto anno fo tanto lu musto de le piergole, che non se recorda may per homo che viva fosse tanto musto ad Trevj de le pergole quanto fo in dicto anno, et che may non ebbe maiore uscita lu musto, et fo lu musto dolce, et lu vino in tucto quisto anno: perché in nelli vicini circumstantj non aviano musto de le vigne per la grande secca, et se l'aqua avesse piovuto nanti fussero lé vigne vendebiate, ché se vedebiò in quisto anno multo presto, averia auto le vigne de multo musto: et per tanto fo caro lu musto c) de le pergule ad Trevj, più che non fo l'anni passati, che non ce ne fo aricolto tanto (2).
[c. 31 v]  1480 et addj xviij de jugno, al tempo che io era podestà de Matelica (3), recevecti lectera da Trevi, per le mano de donno Marino nostro parente, che Pulifica mia do[nna] avia d) partorito uno figliolo maschio addj xxviij de magio ad hore xvj die dominica. Et io tornando ad Trevi addj v de augusto del dicto anno che ebbi licentia per di x, glie pusi nome Benedicto ..................
e).

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a) io... canc.       b) de oct... canc.       c) ad canc.       d) fato canc.        e) Segue uno spazio in bianco, certo per notarvi i nomi dei compari.

ecclesiam Sancte Crucis et apud cisternas ecclesie Sancti Francisci (Archivio Antico dei Comune di Trevi, n. 141), e il 18 luglio 1488, egli insieme con M.° Andrea di Giacomo da Fiume, eseguì un lodo dei lavori fatti in S. Maria delle Lacrime da M.° Antonio da Settignano (Archivio detto, n.155, f. 109).

 

 

 

(1) La morte di Braccio Baglioni, secondo la Cronaca Perug. Ined. (Boli. cit., IX, II, 165), avvenne, invece, « a di 8 de decembre in mercoldi a sera ... de sciesa (flemmone)».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(2) Dalle mercuriali che la Cronaca Perug. Ined. pone al termine di ogni anno risulta Infatti che il vino ebbe nel 1479-80, prezzi più elevati degli anni precedenti, essendo salito a l. 6½ la soma, mentre nel 1478 valeva 1. 4, e nel 1477 1. 5-6

(3) Il nome di Francesco Mugnoni, erroneamente Magnoni, figura nella lista dei podestà, capitani, giudici e vicarii, riferita dall'Acquacotta, Memorie di Matelica, 350, nell' ufficio di podestà dell'anno 1480.

 

 

<62>

Dicto anno del mese de septembre venne novella ad Matelica che li turchi aviano preso Untroto in reame de Napuli o de Puglia, non so come; et da poi sonno facte multe bactaglie per lu re de Napulj et ocisione grandissima de l'una parte et l'altra a) (1).

Dicto anno lu Magnifico Signore Antonio Signore de Matelica addj xij de novembre, che fo di de domenica, staendo ad taula glie venne una dolglia b) alla
[c. 32 r] guancia che se ce puse la mano dicendo «o me», et in si facto modo, che in quillo dj fo al lecto et comezò ad vaniciare o vero ad forniticare, el secundo dj similemente, el 3° dj perdj la parola et non se podecte confessare né dire sue colpe, el 4° dj che fo mercorj fernetecava, et jovedj ad sera nanti el calo del sole c) expirava. Jo era podestà de Matelica: me bisognò fare el capuccio et portarlo più jornj. Certamente io me debbio dolere de la morte de quisto Signore, perché me voliva bene, et più volte me disse: «se tu non pegiorj volglio che quisto offitio sia tuo per multi anni». Sia col nome de dio: omnia pro meliori: rendo gratie ad dio de omne cosa. Odi li cursi delle fortune del mundo: ché el dicto Signore Antonio faciva con multa festinantia aconciare le strade de fore de Matelica per la via che se va ad Camerino; et faciva amactonare le strade de Matelica, perché de quisto mese propio de novembre voliva fare le noze de la sua nora, ciò è de la donna de Ranucio suo figliolo, et è figlia la dicta donna del signore de Camereno (2); et d) in que' dì, prima se amalò, disse ad ser Johanni de francisco da Santo johanni e) contado de Trevj, quale era stato xxv anni ad Matelica f), queste parole: «ser Johanni, fate sequitare l'amactonare et come è aconcia quella piazola la su da casa de mastru Luca, io ce volglio ad queste noze ballare con quante donne ha questa terra».

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a)  et da poi ... l'altra  inserzione posteriore.      b) alla guancia canc.        c) delsoe (sic).        d) duj canc.        e) dansanto (sic).        f) ser canc.

'

 

 

 

 

 

(1) Le ostinate divisioni tra gli stati d' Occidente, in particolar modo il tenace e sanguinoso dissidio tra Sisto IV e Firenze, e in fine il trattato concluso dalla Sublime Porta con Venezia, avendo molto favorito la potenza ottomana, questa dall'anno 1477 aveva potuto estendere assai la sua espansione, assicurandosi a poco a poco del possesso di Negroponte, di Lemmo, e di Leucadia (1479); finché un ardito colpo di mano permise alla flotta turca d'approdare in Apulia e conquistare Otranto, l' 11 agosto 1480, con la barbara uccisione di circa 12 mila cittadini.

(2) Trattasi di Emilia Varano figliola illegittima di Giulio Cesare, nata, come Camilla (Beata Battista da Camerino), da una nobile donna Cecchina figlia di maestro Giacomo d'ignota famiglia camerinese, sposata poi ad un Antonio dei Maligni da Camerino (Feliciangeli B., Notizie e documenti sulla vita della Beata Carnilla Battista Varano da Camerino in Picenum Seraphicum, p. 43 dell'estratto, Giorgetti, 1915). L'istrumento dotale di Emilia (4 mila fiorini), che andava sposa a Ranuccio di Antonio Ottoni, signore di Matelica, fu rogato dal notaio di Giulio Cesare, Antonio Pascucci, il 23 marzo 1480 nella torre dei Bilancioni o di Lanciano. Secondo gli autori della Biblioteca Picena (V, 243, Osimo, 1796) l'orazione per le nozze di lei sarebbe stata pronunciata dal noto poeta sanseverinate Lodovico Lazzarelli (Feliciangeli, Pioraco in Atti e Mem. della R. Deputazione di Storia Patria per le Marche, VIII, Ancona, 1912, pp. 85 e 86 dell' estr.).

 

<63>

Sic homo cogitat, deus disponit. Extote parati, quia nescitis diem neque horam (1).
[c. 32 v] 1481 et addì xiiij de aprile, essendo io podestà de Matelica cadde una grande neve alta più de uno palmo de manu et sempre del mese de marzo passato et de quisto sonno stati fredj che c'è bisognato per la maior parte del tempo stare al foco.

1481 et addì viij de magio intisi in nel burgo de Trevi la morte del grande cane turcho, quale avia pilgliato Untroto in Puglia.

Poi addì xii de magio fui advisato da Matelica come era passata la morte dei turcho, et ebbi la copia de queste lectere. Et primo la copia della lectera del conte Jeronimo signore de Ymola et Forlivio, primo homo abbia papa Sisto et quillo che podiva più del papa, tanto era el credito apresso el papa Sisto quarto a); el quale scrivia ad legato della Marcha: quarum tenor talis est, videlícet:

« Rev.mo domino legato Marchie domino observantissimo.

« Monsignore mio Rev.mo Questa matina da Venetia avemo la vera nova della morte de quillo chiamato gran cane: et per non me extendere più in lungo ve mando la copia della letera, de la quale la V. S., ne farrà fare più copie et mandaràla per la sua provincia ad significarla: et faranne fare per tucte le terre alegreze publiche de campane et fochj et processioni et reingratiare dio de tanta nova optima. La nostra armata verrà qui o martidi o mercordj
[c. 33 r] proximo, se el tempo non li serrà contrario. Siché faraite stare in ordine quelle de Ancona, che subito ve advisarimo quando deverànno fare vela per andarse ad coniungere con queste altre. Il che spero che ne reportaranno la victoria de altro che de Ontrato. Rome raptissime, secunda Junii 1481 hora xiiij.

« E. v. R. d.

  • F.«Hieronimus vicecomes b) de

  •    «Riario Forlivij, Imole etc. (2) ».

  • _______________

    a) Cuius sequitur tenor  canc.       b) de Riario canc.

     

    (1) I particolari della morte del signore di Matelica sono del tutto sconosciuti agli storici locali.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    (2) La lettera di Girolamo Riario e il rapporto dell'oratore veneto di Costantinopoli al Doge Mocenigo sulla morte di Maometto II (detto il « gran cane » dai contemporanei), per quanto a noi risulta sono inediti*. Essi apportano nuova luce sull'importante avvenimento che fece sobbalzare di speranza tutto il mondo cristiano. La notizia della morte del sultano, avvenuta il 3 maggio (Muratori, Annali, a. 1481), ma conosciuta a Roma solo sulla fine del mese vi fu confermata dalle lettere del Governo Veneto ai suoi ambasciatori giunte il 2 giugno, come risulta da un dispaccio dello stesso giorno di B. Bendedeus esistente nell'Archivio di Stato di Modena (PASTOR, II, 539). Perciò quando il Mugnoni scrive di averne avute le prime notizie l'8 maggio e i particolari il 12 seguente, intendeva dire indubbiamente l' 8 e il 12 giugno. Il Riario adunque si affrettò a partecipare la lieta novella al legato della Marca, cardinal Raffaele Riario (cfr. Series Rectorum Anconitanae Marchiae quam collexit Monaldus Leopardus Recanatensis, Recanati,

    <64>

    Seguita la copia della lectera delli ambasiadorj de Venetia che stavano in Constantinopolj che subito advisarono la Signoria de Venetia de la morte del gran turcho (1)

    « Serenissime princeps et excellentissime domine mi singularissime.

    Per uno misso dà Corfù la Mag.tia del ballio Serenissino alla Excellentia vostra, della morte de quisto Signor Turcho, non affirmative tamen, perché ancora non eràmo bene clarificati (2). Ma veramente ho deliberato, non possendo avere altro messo, mandare in persona alla Excellentia Vestra, insieme colla presente lectera, Emanuel mio turcimano, per dinotare et affirmare ad quella la morte del prefato Cane, el quale spirò addi 3 a) de quisto, circha ad xxiij hore in campo, et la nocte sequente fo conducto qui, et tinuto tucto quillo jorno quanto più serrato potirono: non tamen sì che non andasse alle orechie delli Janizeri, quali, quantunche fossero tucti da la banda de là su la Turchia, et che fusse stato provisto che niuno li conducesse de quj, trovata certa barcha b) se missero ad passare a poco a poco, in tanto che fino ad sera ne passaro 5000 circa. Et la prima via che facessero,
    [c. 33 v]  andarono ad casa del bassano ... c), al quale talgliarono la testa, et portandola su in una lancia davantj alla porta del seraglio ; et similíter talgliarono alla molgliera sua et li figliolj; et saccomanorono la casa. Corsoro poj all'altro bassà, el quale svalisiarono et bastonarono grandemente, et lo ànno messo in presione. Similiter andarono ad trovare tutti quillj che aviano qualche gratia apresso al Signore morto, et tutti li ànno tagliatj in modo che non d) sonno circha LX teste davanti alla porta del seraglio. Corsono et etiam sacchigiarono in quila nocte tucte le botteghe sonno al corno Albesestan, ma non quelle dentro. Et cusì se ànno corso per tucto Constantinopoli et Pera tutta la dicta nocte et tucto herj, et ànno sacchiagiato

    _______________

    a) in margine die sancte +       b) tro... canc.       c) Lacuna in luogo del nonne del pascià.          d) non (sic) invece di ne?

     

    Morici, 1824, p. 45) appena saputala. Essa fu festeggiata in tutta Italia: dai Diari del tempo risulta che il 3 giugno furono da Roma indetti tre giorni di processioni pro gratiarum actione.

    L'accenno del Riario al movimento dell'armata si riferisce alle 34 navi già fatte apparecchiare nel porto di Genova con ordine di condursi per Ostia a Roma, onde formare un concentramento di forze con le navi che contemporaneamente si trovavano in costruzione nel cantiere di Ancona; meditando il papa di approfittare del momento per compiere, di concerto colle potenze cristiane, un colpo decisivo e rapido contro i turchi (Pastor, I. Cit.).

    * Nel testo: indediti

    (1) Nei fatti raccontati dall'oratore veneto (il Cocco fu capitano in Creta ed uno dei correttori per l'elezione del doge Giovanni Mocenigo) si scorgono i primi sintomi delle lotte di successione succedute alla morte di Maometto II avvenuta a Nicodemia Nicomedia, mentre il sultano si apparecchiava a riporre l'assedio a Rodi onde inviare nuove armate ad Otranto. La scomparsa di lui mise l'un contro l'altro i due suoi figli Bajazet e Zizim, ch'erano stati sempre divisi fra loro. Appresa la morte del padre l'uno in Licaonia e l'altro in Paflagonia, ove si trovavano come governatori, subito si precipitarono ambedue verso Costantinopoli: ma Zizim era ancora per via quando apprese che il fratello maggiore già era stato incoronato.

     

    (2) Nel periodo manca qualche parola.

     


    <65>
    maxime Judey, in modo che universaliter tucti sonno disfactj. Et pegio serriano loro et lo resto, se qui non se fusse trovato Jsach bassà, homo vecchio et de riputatione grandissima, quale fo bassà del Signore morto et etiam del suo patre: la prudentia et autorità del quale ha multo jovato. Quisto fece congregare tucti janizerj, quali possono essere da 7000 in 8000, et il suo aga insieme, et domandandoglj* quale delli duj figliolj del Signore morto volivano per suo signore, li quali tuctj uno hore risposero: el grande. Et cusì mandarono anco per luj, perché avante, et in quella hora che morecte el patre, fu
    [c. 34 r]
    mandato per luj, et similiter, per quanto intendo, per lu fratello minore: et questo per opera del bassà amazato, che l'amava multo. Et trovandose qui un figliolo del suprascripto futuro signore de circa xij annj, danno tucti la obedientia a lluj fine che el patre vegna. Et per cessare via omne scandolo et inconvenientie, fu dato de dono ad chadauno janizero asperj 1000, et duplicato el soldo ad tuctj, con promissione che el signore alla venuta sua non solo confirmarà questo, ma lo farà et melglio. È stato similiter facto bassà jl dicto a) Jsah, ch'è suo genero, ciò è che è alla Vellona, per el quale ànno mandato in prescia che vegna qui. Questo, principe serenissimo, sono le cose sequite fine ad b) hora, le quale scrivo cusì confusamente et con animo perplexo, però che jo so stato in pericolo grandissimo, non solo de la robba, ma de la vita mia et de tucta la mia brigata, in questa furia de gente senza c) regula. Ma dio et la sua gloriosa matre me hanno spirato ad fare delle provisione che me ànno salvato.

    « Constantinopolj die 6 maij 1481

    «Sereno principj et ex.mo domino

    «domino Johannj Mocenico

    «dey gratia Venetiarum etc. duci d)

    «inclito domino suo sing.mo

     «Nicolaus cocco orator Venetiarum ».

     

    1481 e) et del mese de luglio, morì Pierfelice mio cognato, che dio f) glie abia perdonato.
    [c. 34 v1481 et addj xxv de augusto in dì de santo Bartolomeo, fo la maiore grandine in Trevj che may homo agia dicto de recordare che fusse maiore, et grossa più che la gianda: et fo sì grande che era sopra terra un quatro boni decta et più. Et venne là da santo Paulo in confini de Trevj et Montefalco, et dirizose per la solglia, et poj ad Trevj, et da Trevj ad Santa Catarina verso le Coste et Pictino: et tucte le vigne et arborj guastò per quillo loco dove passò, et le olive: che la chiusa de olive de la pinctura de lu fiume, et quella g) del laco (1), non ce remase acino de oliva; et quella de santa Caterina

    _______________

    a) Jsah   canc. e riscritto.       b) so... canc.        c) lege canc.      d) e canc.       e) 1481 canc. e riscritto.      f) li canc.     
     g
    ) de lacos.... canc.

    *[nel testo: "domandangogli"]

     

    (1) Come qui il Mugnoni nomina «la chiusa del laco», così in seguito ricorda una «porta del laco». A prima giunta si sarebbe indotti a pensare che questi vocaboli avessero relazioni coi

    <66>
     overo del(la) grocta de Andrea, ne gectò più che la mictà del oliva; e cusì alli vicinj.

    1481 et addj xviiij de septembre, venne novella in Trevj che la maestà del re de Napolj ebbe d' acordo addj x de quisto mese Ontroto, et con pacti che fece salvj tucti li turchj che erano dentro, et l'artigliaria fusse del re: et l' artigliaria si è tucto lu fornimento de defesa de la ciptà, che erano tra l' altre cose più de 500 bombarde, lassanno stare l'altre cose. Et dicese che quilli da Ontrato menatj ,in Turchia se a) deviano restituire, et se così non facesse alloro, non se observeria la fede ad quistj turchj.

    1481 et addì 4 de octobre, jn presentia de donno Marcello de Piermartino et donno Nicolò de Mactiucio, donno b) Constantino de Contanello, donno Jeronimo de ser Johanni et donno Nicolò c) de bartolomeo da Fabrj, donno Felitiano de marino, donno Tomasso de parmeno et Dolce de ser marco, Felicismo mio filgiolo pigliò li duj ordinj minorj una con Antonio de dolce predicto, et Julio de berradino de piertomasso. Fo rogato de quisto ser Iohanni Moscatello de ser gulglielmo da Spulitj d) (1).
    [c. 35 r]
    1481 et addj xxiiij de octobre, el conte Jeronimo Signore de Jmola et de Forlj passò per lu burgo de Trevj, che tornava da Jmola et Forlj, et colluj menava pochj cavallj, et con multa festinantia, et de po luj avia più de 300 cavallj. Questo conte Jeromino è et è stato insino in quisto jorno felice homo, ch(é)e essendo in gratia de quisto papa Sisto quarto, de si vile conditione, sia in tale stato, che fa del papa quello vole, multo più timoto quisto conte Jeronjmo che non è el papa. Certificando, quando se partì da Roma per la via de Tode, octanta muli carchj de robba portò ad Ymola et ad Forlj. Et poj retornò in dereto per lu burgo. Vene multo repentino, perché fo dicto che era ordinato un ballo in Ymola che ce dovia intervenire luj

    _______________

    a) restituiscesse canc.      b) Jeron canc.       c) nicolò (?) canc. e ricorretto.      d) In margine: Quando Felicisimo se fece chierico

     

    paduli esistenti nel piano. Ma Durastante Natalucci  nelle citate Memorie ms., c. 62 sg., informa che sull'alto del colle su cui siede la città, fuori della porta, « formavasi il Lago, che dietro all' istessa esisteva di grandezza poco meno che la piazza di Trevi, profondo ben molto, non tanto per la commodità della sua acqua, quanto per maggior sicurezza e riparo della porta con antemura che venivan dalla medesima acqua e da steccati circondate. Il quale il 1359 venne risoluto si scavasse dalla Balìa di S. Emiliano e di Matigge, e si circondasse con palanghe lunghe sette piedi dalli uomini del Terziero del Piano, da portare due per ogni uomo (ex Refor. d. Ann., f. 164), e ne' seguenti anni si ripolisse con spesa di l. 2 [Natalucci riporta "scudi 2"] sopra ogni fuoco (ex Refor. r562, f. 418), a fin, di render Trevi più fortificata; e sino che in oggi per risoluzione del 1707 è quasi affatto riempito, perché conosciutosi non ad altro servir la di lui acqua che per lavare, ed all' incontro in tempo di estate apporta l'incomodo del cattivo odore ... ».

     

     

     

    (1) Don Marcello fu priore di S. Emiliano di Trevi. Don Costantino rettore di S. Costanzo di Costarelle [più propriamente: "della Costarella"], è ricordato più tardi come decano della stessa collegiata; a cui è da ritenere che appartenessero anche gli altri ecclesiastici, che furono presenti all' ordinazione di Felicissimo Mugnoni. Il Moscatelli fu cancelliere della curia vescovile di Spoleto.

     

     

     <67> 
     
    et la donna, et li dovia esser pilgliato; et però tornò multo pauroso ad Roma (1).

    1481 et nel tempo a) de octobre, fo comezato ad vendemiare alla mità del mese: et fo tanto l'uva, che andò cinque some ad fiorino del musto, che non se recorda ad Trevj maiore dovitia per quillj ogidj vivano. Jo recolzi nel mio some v et meza, et repusi some de musto 35, et non ce spisj più de 4 fiorini tra viture et musto, che me ne fo donato la maiore parte.
    [c 35v]   1481 et addj b) xiij de novembre c) tra le cinque et sey ore murj Pierangelo mio pactre ; che sia benedicta l'anima sua et de li altrj passati ; et fo socterato addj xv del dicto mese in Santo Miliano d) in quella parte che novamente è adiunta alla chiesa vecchia, ciò è pocho de socto alla tribuna facta da novo per la chiesia che è e) cresciuta (2): et sta in digno loco, et questo se cognoscerà quando serà coperta la chiesia, che anco non è fornita de murare intorno ; et è lu primo corpo sia sepellito in dicta chiesia nova et che dio l'anima sua l'abia recolta in nelle anime del burgatorio. Amen f).


    [c. 37 r] cardinalj sia morto, et anco se dice che Cesarj de msere gamenone è morto et questo è stato dicto addj xvij de jugno (3).

    Jtem 1482 et addj xviij de jugno è stato dicto ad Trevj che la Ciptà de castello è presa da meser Nicolò vitellj con favore delli fiorentinj et intrato

    _______________

    a) de sept... canc.       b) X canc.        c) la sera alle quattro canc.           d) apresso canc.        e) crescius canc.       f) A margine: de morte patris mey, cuius anima in pace quiescat misericordia dey.  Segue una lacuna nel ms. da c. 36v a 37r.

     

     

    (1) Gerolamo Riario, fratello del cardinale Pietro Riario e nepote del papa, per dirla col Muratori, « fu sempre un male arnese e pregiudicò di molto alla fama del pontefice » (Annali, 1478). Erasi recato a Venezia, accoltovi con onori sovrani, a parlamentare con quella Signoria, circa il suo piano di rovesciare Ferrante dal trono di Napoli, lasciando libera mano ai Veneziani sopra Ferrara, e domandando per sé Lugo e Bagnacavallo che confinavano colla sua città di Imola: piano a cui Venezia si prestò, pur non senza esitazioni. Ma mentre egli si pasceva in così vasti disegni, occulte trame si tessevano contro di lui « insino a quisto jorno felice homo » dai Fiorentini, e da altri suoi avversari politici, che gli minavano il terreno. Lo manifestano tre consecutive congiure, da cui scampò quasi per miracolo. Il Riario, che al suo andare era stato dovunque accolto con grandi dimostrazioni, e che Todi, Perugia e Gubbio, avevan veduto passare nel giugno, insieme alla moglie Caterina Sforza, scortato da un grandioso corteggio (Cronaca Perug. Ined. in Boll. cit., IX, n, 175 sg.), ora, deluso e impressionato da quei moti minacciosi, volgeva così precipitosamente verso Roma.

    (2) Questi dati che il Mugnoni fornisce sugli importanti restauri apportati al suo tempo all'antica e sontuosa chiesa di S. Emiliano di Trevi, sulla cui fabbrica si notano tracce di età romanica e del maturo rinascimento fra rimaneggiamenti nel XVIII secolo, saranno preziosi per chi vorrà darci una illustrazione completa, molto desiderata, dell'insigne monumento, a cui si collegano memorie religiose, storiche ed artistiche del più alto interesse locale ed umbro. Anche in seguito il Mugnoni conferma che la chiesa di S. Emiliano fu nel '400 accresciuta e magnificata.

    (3) Essendo la cronaca a questo punto lacunosa, del breve frammento non se ne riesce a ricostruire il senso completo. La parte finale si riferisce alla morte di Cesare degli Arcipreti, di cui aveva a suo tempo registrata la cattura.

     

     


    <68>
    dentro con quatro sguadre de cavallj et con mille fantj, et tene quella ciptà: et le roche se tengono per la chiesa. Et lu magnifico Ruberto da Arimene et meser Johan francesco da Tulintino, venivano de Romagna con 14 squatre de cavallj et con mille balestrerj, che gevano ad Roma in favore del papa contra el duca de Calabria, che sta ad presso ad Roma, ad tre overo quatro miglia contra el papa, è bisognato socorere Castello, et el papa tene l'altre gente in Roma circa ad xxiiij a) sguadre de cavallj et con 4 milia fantj (1).

    Hogie, addj xxiiij de jugno, la comunità de Trevj ha mandati fantj 25 ad la Ciptà de Castello; et quistj non bastano, perché lu governatore de Perosa ne vole più (2).

    1482 et addj xiiij de luglio, è stato dicto ad Trevj che le roche de la dicta ciptà sonno prese.

    Et più che le gente de la chiesia ha messe ad sacco multe castella del contado de Castello.
    [c. 37 v] Et più che b) le gente de la ecclesia se partj pochj jornj da poj, et andarono ad Roma: perché el duca de Calabria infestava multo el papa et romani, bisognò lassare la impresa de Castello, siché Castello ogie dì non è più della ecclesia.

    Addi 30 de luglio 1482 essendo in divisione con donno c) Johanni venerabile prete et Bartolomeo, et essendo jo andato in dicto dj ad Fulignj, chè io contendiva con ser Francisco da Bevagnj la cancelleria de Trevj che papa Sisto quarto me havia data, venero li dicti valentj homini ad casa, me absente, et spezarono tre uscia, et fecero cadere in terra la mia donna; et non li bastò l'animo de venire quando io ce era. Questo ad honore de lu venerabile prete donno Johannj, che de' essere specchio d) de unione, et
    [c. 38 r] quello, più presto ad mectere focho non solo tra il li homini et sua paro chianj, ma tra fratelli, è homo più de zizania che de pace, et è exemplo de bono religioso. Lasso stare le altre sue tradimentj che me ha factj. In

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    a) sgu... canc.      b) che ripetuto.       c) Johanni canc. e riscritto.       d) speccio (sic).

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    (1) Dietro istigazione dei Fiorentini, sempre in lotta col papa, Nicolò Vitelli, approfittando d'un momento di grande confusione prodotta nello stato ecclesiastico dagli inattesi successi del re Ferrante e dei Colonna e Savelli suoi collegati, eh' erano giunti ad attendarsi in vista di Roma, occupò Città di Castello con tanta rapidità, che Gianfrancesco da Tolentino, il quale di passaggio per Roma, sostava a Bosco del Baco, ebbe prima notizia della resa della città, che la possibilità di arrecarle un valido aiuto. V. Cronaca Perug. Ined. (Boll. Cit., IX, II, 206). Erano questi i frutti del convegno di Venezia del settembre 1481: scatenatasi la guerra alla metà di aprile, il Riario e i Veneziani affidata la sorte delle armi ai duci supremi Roberto Malatesta e Roberto Sanseveriuo, erano rimasti soli a combattere contro Ferrara e Napoli, a cui s'erano collegati Milano, Firenze, Mantova, i Bentivoglio e il duca d' Urbino.

    (2) Il comune di Perugia trattò, nella seduta del 5 luglio, dello stesso argomento di « fare fanti per mandarli in campo in aiuto de la Chiesa contro Castello ». Cron. cit., 208.

     


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    iudicio dell' anima sua sia. Poi, me absente, circha ad xxv di da poj, me mozò una trabe che valiva bol. lx, quando io non c' era (1).

    Die xxj de augusto venne novella ad Trevi che el duca de Calabria fo rocto jn nel piano de Sermoneta et scampò ad Ortunj ad mare, poj fo dicto che scampò ad Sermoneta (2). Lu figlio del conte Jaco, inimico capitale del Re de Napolj patre del dicto duca de Calabria, perché fece mor(ì)j el dicto conte Jaco, in questo facto d'arnie se portò como paladino per vendecare la moria del patre suo (3). Et più è dicto, che sonno presi circha ad xviij a) tra signorj, contj et ducj, et tra l' altrj el duca de Melfa, el signore Vicino Ursino (4).

    1482 et addi vi de septembre, fo data la sententia del prato tra me et Pietro de gilio, che da uno lato verso Santa Maria sia piedj 144 et ½, et da l' altro lato verso el cantone sia piedj 50 et uno terzo, comenciando a mesurare dal prato de l'ehredj de Luca de cunticiello, che possede Pietro de Cola, in sino ad quillo de (Pietro de) Gilio (?) b). [Per me Francesco Ser Francisco de pietro rogat. ad c. 148].

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    a) signori conti canc.         b) Le ultime righe sono di incerta lettura.

     

    (1) Mancando le riformanze comunali di Trevi di questo periodo, non ci è dato fare, sopra i fatti qui e poco appresso raccontati, maggior luce di quella che ce ne dà il Mugnoni, parte in causa. Essi hanno un interesse maggiore di quello che potrebbero avere episodi di carattere prettamente personali, giacché servono a* far risaltare gli opposti partiti dominanti allora in Trevi, e la grande preminenza che vi teneva la famiglia Valenti, e specialmente l'illustre Natimbene.

    Ser Francesco di Giovanni da Bevagna veniva nominato cancelliere con breve del 22 settembre 1477, succedendo a Piermartino del q.am mastro Angelo da Bevagna. Archivio Antico del Comune di Trevi, n. 141. Da ciò che narra il Mugnoni deve dedursi, che questi riuscì a ottenere che il breve con cui veniva nominato cancelliere non avesse effetto. In questo ufficio fu confermato per un altro anno da Innocenzo VIII con breve del 9 aprile 1485 in cui si commenda il buono e lodevole servizio da lui prestato. Archivio detto, n. 154.

    (2) Non essendo verosimile che la novella della rotta di Campomorto avvenuta il 21 agosto, giungesse il giorno stesso a Trevi, la data segnata dal cronista, in questo come in molti altri casi, va riferita** all'avvenimento, e non già alla notizia avuta di esso.

    Sulla fuga del Duca di Calabria dopo la rotta di Campomorto, le voci raccolte dai contemporanei non sono perfettamente concordi. Secondo le più attendibili fonti, egli, riparato a Nettuno, si gettò in una barca con pochi compagni, ed approdò a Terracina, dove riorganizzò i resti dell'esercito.

    (3) I figli di Iacopo Piccinino Francesco e Angelo conservarono un perpetuo rancore al Re di Napoli d'aver fatto strangolare a tradimento il loro padre. Alla battaglia di Campomorto dovette partecipare come capitano per la Chiesa il conte Angelo. La Cronaca Perug. Ined. (Boll. cit., IX, II, 208, 213) non lo dice espressamente, ma nota la sua partenza in luglio con parecchie squadre, e riferisce che egli in questa guerra «se tenea per la chiesa». Al suo ritorno in Perugia, in ottobre, il Piccinino portò da Roma un breve del papa che lo reintegrava nel possesso degli antichi beni e diritti: e dai concittadini fu assai festeggiato.

    (4) Questi prigionieri servirono a formare per le vie di Roma un corteo trionfale ad onore del Riario: e fra quelli che maggiormente formavano oggetto della generale curiosità erano appunto Antonio Piccolomini duca d' Amalfi nepote di Pio II, e Vicino Orsini figlio del gran Connestabile dei Regno di Napoli.

    *  "e" nel testo

    ** "riferito" nel testo

     

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