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Carl Timner

La critica

 

 

 

Note biografiche

Estratto Mostre collettive

La critica

 


Catalogo della  Mostra alla Galleria Cà d’Oro – Via Condotti 6°, Roma -
Novembre 1977

Presentazione di Renato Guttuso

 

 

 

Penso che Carl Timner sia un pittore di grande talento. Penso anzi di più: Timner è tra i primissimi artisti europei della sua generazione. E non soltanto per la singolare posizione che occupa sul terreno poco praticato di un’arte rigorosamente oggettiva, sorretta da una straordinaria capacità tecnica, ma per la radice creativa non “avanguardistica” della sua oggettività.

Il problema dell’oggettività costituisce il tema centrale dell’arte oggi. Ma tale oggettività si è manifestata e si manifesta sotto vari aspetti. Aspetti che vanno dalle esperienze del “Pop”, di alcuni anni fa, all’utilizzazione di materiali detti “poveri”, alle più recenti, ma anch’esse già trascorse, presentazioni dette “iperrealiste”. Nessuno di questi aspetti, che tutti rientrano nell’ambito della languente avanguardia e dei suoi metodi di presentazione, fondati sull’integralismo spettacolare, ha mai neppur lontanamente sfiorato Timner.


Renato Guttuso, Ritratto di Carl Timner, 1968
cm 12,5 x 13,5
 

Il suo oggettivismo si esprime con i mezzi del disegno e nella pittura,  mezzi che Timner recupera nella loro specifica essenza, riappropriandosi di concetti rinascimentali e secenteschi caduti in disuso o scaduti al livello del piatto accademismo.

Ma il recupero che ne fa Timner appartiene alla nostra contemporaneità. La precisione anatomica, la tensione dei muscoli e dei nervi, l’espressione dei volti, l’attenzione alla precisione (naturalezza) del movimenti,pur nella apparente normalità, esprimono un mondo che ci appartiene, così come esso è, privo di forzature espressionistiche o di altre tentazioni intellettualistiche.

Ne scaturisce, in una rappresentazione limpida e ferma, un rapporto vero, diretto, intenso tra l’artista e le sue figure. Le pagine dove una figura è ripetuta più volte con qualche variante nel movimento, sono indicative della straordinaria capacità di Timner di creare un rapporto vero con il suo oggetto.

La ripetizione del modello non è mai di tipo accademico, ma è ricerca, bisogno di un rapporto più approfondito con il modello precedentemente affrontato.

Per tale sua evidenza, chiarezza, apparente ovvietà, e assoluta verosimiglianza, Timner è, in un’epoca di sofisticazioni intellettualistiche e spettacolari come la nostra, un pittore difficile.

                                                                                                                                         Renato Guttuso

 

 

 

 

Ulrich Krempel:  Il pittore Carl Timner

in “Tendenzen”, nr 120, pagg 35-40 - luglio / agosto 1978 (Traduzione dal tedesco)

 

L’articolo fa riferimento alle opere esposte nelle due mostre: Roma – 30 novembre – 3 dicembre 1977 presso la Galleria Cà d’Oro “Timner”

e  Berlino Ovest 6 aprile –12 maggio 1978,  presso la “Haus der Kirche”  dal titolo

“Timner – Non per sempre chiusi all’apprendimento” opere realizzate sotto la pressione emotiva della guerra in Libano.

Carl Timner. Pittore, vive a Berlino Ovest e a Roma: in città, nelle quali quotidianamente le contraddizione della nostra società irrompono e diventano visibili all’osservatore sensibile. Quando io gli feci visita nell’atelier a Berlino Ovest, stavano stampatori e redattori sotto serrata davanti al grattacielo di Springer.

Timner pone i suoi nuovi studi sul cavalletto: lavoratrici e lavoratori in una stamperia abbozzati durante il loro lavoro. Molte scene si trovano l’una accanto all’altra grandi tele; parlano della difficoltà di rappresentare la frazionata realtà del lavoro quotidiano. Timner racconta dei processi nella realtà lavorativa, la quale vuole trasformare in quadro: i tre stampatori ben coordinati  al nastro di stampa, il cui obbligo è il controllo del regolare svolgimento delle operazioni programmate ed il loro intervento in caso di necessità; il loro parlare fra di loro è ridotto per il rumore della macchina a fischi e strilli  e gesti.

Timner, nato nel 1933 comincia nel 1950 lo studio all’Accademia di Belle Arti a Berlino Ovest; interrompe dopo un anno e si trasferisce a Göttingen per studiare Storia d’arte, Archeologia, Filosofia.

Nel 1953 arriva a Roma con la motocicletta e vi si ferma .

Svolge l’apprendistato presso Corrado Cagli.

Apprendistato dal primo livello, vuol dire pulire l’atelier. Però in questo apprendistato acquista un solido artigianato, la base per le straordinarie capacità tecniche che gli riconosce Renato Guttuso. E acquista pure una unità di artista e uomo sociale, la quale è esplicitata in una frase di Cagli riportata da Timner: “l’artista funziona soltanto quando funziona tutta la personalità. Tu non puoi dipingere qualsiasi quadro senza sviluppare te stesso con il tuo lavoro e nel tuo lavoro”.

Sino agli anni ‘60 dipinge astratto, esibisce tali lavori in mostre personali a Roma e a Berlino Ovest.

Però durante tutto quel periodo continua a lavorare figurativo, trova punti di riferimento nella storia dell’arte. Io qui non posso disegnare il suo sviluppo; la letteratura sul suo lavoro sino ad oggi scarsa potrebbe aiutare.

Le tematiche, alle quali egli si rivolge danno informazioni ulteriori del suo sviluppo: uomini – lavoratori, donne, bambini – la guerra in Vietnam, la insurrezione ad Amburgo, la solidarietà con Angela Davis e il Cile.

Su tutte queste tematiche si sviluppano cicli, una sequenza di quadri, variando ed rappresentando aspetti vari.

I suoi lavori recenti  sono stati presentati in due mostre diverse fra di loro, nelle quali si estrinseca  l’ampiezza e le polarità del suo lavoro. Polarità come la bellezza umana e la distruzione di questa bellezza, come gioia e dolore, armonia e aggressione, amore ed odio. Un rapporto fondamentale verso la realtà si esprime in queste contrapposizioni, appare (largamente) avvolgente e contraddittorio; Più largo e più contraddittorio di quanto non sia possibile a tanti realisti di oggi giorno.

Timner indaga la bellezza dell’uomo; non trova una soluzione definitiva, si avvicina  attraverso molte formulazioni successive ad una immaginazione (concetto) dell’uomo.

Questo viene esplicitato nella mostra romana nella quale vengono esposti, accanto a nature morte e paesaggi, soprattutto studi di modelle e ritratti.

 

Nudo di schiena con reggicalze -1996
carboncino, jaxon, cm 50x60

 

Guardare, comprendere, dipingere

L’avvicinarsi di Timner al suo oggetto artistico, cioè l’uomo: per esempio i suoi “Studi con Marina”. La tela è il foglio di studio; su di essa il pittore formula la realtà osservata con grande riflessione, la formula però con pennellate rapide, le quali lasciano vedere la struttura del dipingere, il mettere l’una accanto all’altra le singole pennellate, le quali raramente si uniscono a coprire la superficie (a  costruire uno strato uniforme). Le svariate  situazioni della donna  ritratta quattro volte, poste strettamente l’una accanto all’altra, entrano in relazione fra di loro nello spazio aperto della tela. Ogni scena ha i suoi valori emotivi: concentrazione, riflessione, trasognatezza; non per far scegliere l’osservatore si dipinge così, ma un modo di operare diventa principio pittorico.

L’accentuazione di aspetti contenutistici attraverso le figure viene sostenuto attraverso il puntamento e la concentrazione delle luci, attraverso il chiaroscuro dei colori  caldi e  terrestri come l’ocra e il bruno scuro.

Disegni e dipinti di Timner sono spesso equivalenti (dello stesso peso): lo schizzo sulla tela, cioè il foglio di studio dipinto, sta sullo stesso piano di un disegno definito a carboncino oppure di un disegno a cera. Scene compiute e definitivamente formulate come “L’abbraccio” si basano sul compiuto disegno sottostante. Il lavorare sempre aperto di Timner presuppone la padronanza di differenti arti come la pittura, il disegno e la grafica nella stessa misura. Significativo è che Timner, dopo studi preliminari, disegna direttamente sulla pietra le  sue lithografie.

Nel disegno  – per esempio “Valeska, facendosi le trecce” – non si può non vedere le caratteristiche pittoriche, come l’elaborazione corposa e spaziale della figura e del vestito resa attraverso la tratteggiatura con gessetto, attraverso sfumature tracciate con matita scura su fondo chiaro o accentuazione luminose pure su fondo chiaro, in un gioco di luminescenza. Per tale modo di disegnare gioca il suo ruolo anche la superficie della carta; deve avere un carattere; su una superficie liscia andrebbe perduto molto  del valore pittorico del disegno, il quale si evidenzia invece su una superficie ruvida, in quanto le particelle di colore non aderiscono agli incavi della carta. Anche nel disegno Timner non vuole un tratto liscio; costruisce superfici e corpi attraverso una struttura di tratti ( il disegno “Abbraccio” di Timner è riprodotto in “Tendenzen” Nr 114, pag. 9).

 

……non per sempre chiuso all’apprendimento.

La ulteriore mostra della quale è qui da raccontare sta sotto un citato di Bertold Brecht “la madre”: “…non per sempre chiuso all’apprendimento”. Nel 1976 Timner scrive a proposito del suo ciclo sul Cile:“…e dovunque risorge  tormento, tortura, omicidio, in modo che non cambi niente in questo mondo, in modo che l’ordine abbia il suo giusto ordine. In quest’anno, 1978, Timner racconta di nuovo di  omicidio, tortura, tormento. Lui dipinge, spinto dagli eventi in Libano, dove milizie cristiane, la croce sul petto, ammazzano mussulmani libanesi.

Invano si cercherà in questo ciclo dettagli topografici, citazioni di foto giornalistiche, miseria  vista di seconda mano o riprodotta. I tredici quadri sviluppano il tema attraverso le figure, le quali agiscono dentro i quadri. La distruzione dell’uomo, gli effetti dell’aggressione su di lui sono il tema dei primi cinque studi. L’uomo in catene ed il crocefisso sono motivi ricorrenti; I muscoli sono tesi al limite, il busto è crudelmente contorto, le braccia sono forzate all’indietro.

La scena della crocifissione sta a monte di questo typus di quadri; l’insistente e preciso lavoro di Timner secondo modello cerca di raffigurare il dolore, la costernazione (sgomento), la sofferenza, di riempire concretamente quel typus di quadri. Nessuna scena, nessuna posa viene costruita artificialmente, viene descritta con precisione soltanto una situazione; A sostegno di ciò parlano gli studi nr. V e VII dove si vedono gli uomini in catene riconoscibilmente legati al cavalletto di studio.

Il lavoro con e davanti al modello si svolge intensamente e sistematicamente. Il giovane turco di Berlino Ovest, il quale fa da modello per il “torturato” e “sottomesso”si trova nei primi cinque studi

in sole tre diverse posizioni (gli studi I,II,IV,eIII,V mostrano ognuno pose similari); queste sono fatte vedere da diverse angolazioni e in dettaglio. Il passo più intenso verso il messaggio a cui aspira, quindi nello studio nr.IX, nel quale appare la testa ruotata del modello vista leggermente da sopra, la cui espressione  passa da una tensione calma ad una tensione tormentata, si sviluppa come una sequenza di movimenti da sinistra a destra, fissata  nelle singole fasi secondo la direzione di lettura.

L’atteggiamento del corpo e la situazione generale della figura sono appena accennati, il volto e la sua espressione sono dominanti e diventano portatori del  messaggio. Al più tardi qui bisogna ricordasi della bellezza dell’uomo, come la troviamo in modo esemplare nelle rappresentazioni femminili di Timner; il dolore, la sofferenza in questo ritratto maschile sono un altro polo della stessa idea dell’uomo. Un uomo torturato, ma non distrutto e non privato della propria dignità.

 

Il grottesco al limite del rappresentabile

Il fatto che durante la elaborazione del tema esistono anche soluzioni intermedie, tappe che non portano avanti, si evidenzia per esempio nello studio nr.VI, il quale nel ciclo dei quadri resta un pezzo a sé strano e improvviso. Il pittore dimostra in modo associativo delle possibilità che però poi non sviluppa. Quindi anche la memoria svolge il suo ruolo nella elaborazione degli studi ( così lo studio nr. VIII  è un “ In memoriam”), memoria di un certo proprio lavoro – le figurazioni di donne rievocano i quadri del Vietnam o il ciclo sul Cile di Timner – ed anche di quadri di altri pittori, di situazioni, di connessioni di colori e di forme. Il prossimo studio (in Memoriam “Gott mit uns “ Guttuso, 1945) rompe con il modo creativo seguito fin qui, mostra nuovi colori, porta concetti, segni di altri contesti artistici – qui colti dal ciclo di Renato Guttuso sulla tremenda agonia  assassina dell’armata nazista in Italia. Lo stivale che calpesta, la silhouette grottesca della faccia sotto l’elmetto sono conosciuti anche da noi, continuano ad essere attuali, se si astrae da differenze alla moda, le quali differenziano l’elmetto fascista dagli elmetti degli assassini in Cile, lo scarpone del soldato di Hitler dallo scarpone del GI in Vietnam.

Nel corso dello  svolgimento del ciclo il  Memoriam a Guttuso diventa un punto nodale: una mano tesa dagli studi precedenti introduce questo nuovo scenario, il quale è comprensibile nella sua semplice simbologia – meno il teschio di toro che qui comincia a svolgere un ruolo di simbologia . Nei lavori successivi torna continuamente il grottesco, che è accennato per la prima volta nel quadro Memoriam a Guttuso.

I lavori seguenti “questo lo conosciamo già”, “questo non fa senso”, “nemmeno questo” (questi quadri non sono più dichiarati dal pittore come studi) devono essere visti l’uno accanto all’altro: nelle soluzioni trovate, le quali vanno cercate nella situazione pittorica comune a questi tre quadri, si esplicita come l’umanista Timner , il quale si orienta in tutto il suo operare alla immagine dell’uomo, tocca qui i limiti del suo concetto dell’uomo. Non è il sofferente o il torturato che porta Timner ai limiti del rappresentabile: quasi inafferrabile diventano per lui i torturatori, costoro che causano sofferenza. Il risultato dell’avanzamento verso tali limiti sono i demoni grotteschi

dei torturatori, l’avvicinarsi a figurazioni medievali del male e del diabolico.

E’ da inserire un chiarimento: la dedica del quadro “…questo già lo conosciamo” a Corrado Cagli, suo maestro, si riferisce dai disegni di “Scene dal campo di concentramento”, i quali Cagli realizzò nel 1945 a Buchenwald in veste di soldato americano e liberatore del KZ (campo di concentramento). Ma diversamente da Cagli, che ha annotato l’orrore, la molteplicità della morte  già avvenuta, Timner pone l’uno di fronte all’altro le figure dei torturatori e dei torturati. Come nello svolgimento di  un processo di ragionamento vengono tirate in questi tre quadri di tortura le deduzioni: la disumanità, che viene esercitata da uomini, la quale però non è più afferrabile come opera di uomini. I demoni come simbolo della oppressione con teschi di toro e teste di uccelli;

Fa ancora senso il principio di Timner , resta comprensibile la scena esplicativa di per sé, dalle figure che costituiscono il contenuto del  quadro? Laddove  Timner pone uomini  l’uno di fronte all’altro – per esempio nel quadro “…questo non fa senso” – lui ritorna alla spazialità del quadro, nella quale secondo il nostro senso dello spazio,  sono poste le figure  in azione.

Il quadro conclusivo del ciclo “Così non va” raccoglie elementi già elaborati quasi come Memento, fa della scena una descrizione, una ammonizione ed un occasione di riflessione. Riconoscibili come uomini, persino precisamente descritti come tali i torturatori; solo due di essi con teschi di toro, il terzo porta il volto di uomo. Il torturato li guarda in attesa. Dietro a lui la figura di un uomo con il braccio alzato – un uomo compassionevole o un ammonitore? Appena definibile si inserisce  nella struttura del fondo, singolarmente senza corposità e già nelle linee del suo contorno sfuma nella struttura delle pennellate del campo rosso dietro l’uomo percosso. Le figure in primo piano, che si rivolgono a noi, che cercano contatto con l’osservatore fuori del quadro: esse diventano anello di congiunzione con l’osservatore, ci rivolgono la parola. I titoli del ciclo non hanno bisogno di interpretazione per essere compresi; loro danno, come anche in questo caso, indicazioni per la comprensione della scena.

A me pare che anche  “Così non va” non sia un quadro conclusivo del nuovo ciclo di Timner. Tutti i lavori dentro questo ciclo sono importanti per la raffigurazione del tema, perché solo nel loro insieme rispecchiano la molteplicità degli aspetti, che è così tipica per la pittura di Timner.

Timner lavora poco a poco: procede a passi successivi, pondera, cambia aspetti tematici o formali e di contenuto. Evidenzia processi pittorici a tappe. Non sempre il contenuto dei singoli quadri  è coerente con il tema del ciclo: con semplicità si fanno avanti i suoi valori artistici e umanistici.

L’intento di Timner con il ciclo “…non per sempre chiusi all’apprendimento” viene reso chiaro nella relazione (nel contesto) di tutti i lavori. Quadri complessi e complicati mancano. Questo pittore si esprime solo attraverso l’immagine dell’uomo; egli vede e dipinge l’uomo come noi  quasi non lo riconosciamo più. In alcuni quadri porta la rappresentazione della bellezza umana sino al limite di ciò che noi osservatori odierni possiamo sopportare senza pregiudizio.

L’immagine dell’uomo la modella con serietà come quasi nessun altro realista nell’Europa occidentale. La sua visione dell’uomo è globale: essa include con brividi la deformazione dell’uomo, pittoricamente quasi non afferrabile. Il suo impegno per la verità nella formulazione artistica gli fa rinunciare a esternazioni programmatiche e complesse. Quello che gli uomini nei suoi quadri non ci dicono Carl Timner non lo dipinge.

 

Ulrich Krempel

 

 

 

 

 

 

  Peter Scherer sul quadro di Carl Timner “ Katharina di Alessandria”
Traduzione dal tedesco

 

Catharina di Alessandria è parte di una tradizione della liberazione. La sua figura è caratterizzata dal sapere, dalla eloquenza e dalla bellezza.

Il suo dono di parlare e di muovere gli altri attraverso la sua parola ad un completo cambiamento, non esprime forza magica, piuttosto una visione razionale. Essa non incarna qualcosa di  veramente cristiano, piuttosto un ideale umanistico, una connessione a Minerva e a Venere, ad Atena e ad Afrodite.

Ci sono state simili donne in tempi di radicale cambiamento, che in nessun altro luogo ha marcato  più acutamente le sue contraddizioni come in Nordafrica (?) Esse  sono afferrabili in Hypatia, una filosofa. Essa visse come Catharina in Alessandria; alcuni credono di riconoscere in Catharina solo il riflesso leggendario della storica Hypatia. Bella ed erudita, Hypatia ha attirato su di sé l’odio dei fanatici cristiani. Essi la attirano in una chiesa, le strappano i vestiti di dosso e la squartano con grosse, acuminate conchiglie – rimembranza del simbolo di Afrodite.

 

 

 


Katharina di Alessandria - 1994
olio su tela, cm 160 x 103

Intelligenza e bellezza  significano rigetto di umiltà ed ascesi.

Catharina studia sin dalla prima giovinezza tutte le scienze ed essa discorre con tutti, con gli sbirri, che cospirano con lei, con la moglie dell’imperatore, che lei conquista, con i soldati, che si rivoltano contro l’imperatore, con i dotti, i quali preferiscono affrontare la morte piuttosto che continuare a sostenere la politica dell’imperatore.

Catharina frantuma l’apparato di oppressione, le cui macerie restano ai suoi piedi. In mano tiene un libro aperto. Essa è patrona della facoltà di filosofia della Sorbona e della  università di Heidelberg.

Poiché non esiste alcuna figura storica, la cui identità corrisponde a quella di Catharina, Catharina appartiene ad un gruppo di immagini (concezioni, modelli) di donna. Come prima è da nominare Giuditta, la quale salva la sua città attraverso la sua bellezza seducente ed il suo coraggio. Giovanna d’Arco le sta a fianco. Infine è da ricordare una donna, il cui nome non conosciamo: una giovane ebrea, la quale in Auschwitz, nell’anticamera della camera a gas, strappò le armi ad uno sbirro delle SS e lo stese a terra. Testimoni confermano l’indescrivibile, muto trionfo della detenuta di fronte al fatto, il quale  per un breve attimo richiama in vita il riflesso della libertà e della giustizia.

Catharina è la segreta patrona della donna lavoratrice. Si pensi alle “caterinette”, le modiste e cappellaie di Parigi. Sotto questo punto di vista Catharina è –come lavoratrice – il contrappunto di Maria, la madre.

 

 

 

 

 

 

“Un’arte delle sfumature” di Martin Schoenfeld, Berlin 2008

(Traduzione dal tedesco)

 

La civiltà moderna esige massima chiarezza. Ciò che non si adatta ad alcuno schema, procura  senso di insicurezza e solleva interrogativi. Pretendere una differenziazione a questa struttura ( a questo ordine) sfida il ragionamento moderno strutturato in schemi  (a compartimenti stagni)?

Carl Timner ha percorso con la sua opera artistica la via della resistenza sottile contro lo spirito del tempo. Non si è lasciato intimorire dalle correnti predominanti, ma si è orientato sempre verso ciò che per lui, personalmente, era ed è una sfida dal punto di vista del contenuto ed anche dell’arte. Così, d’altronde, è consequenziale che la sua opera abbia avuto negli ultimo quindici anni una nuova svolta, forse anche sorprendente, e si sia diramata a ventaglio sia sul piano formale sia su quello tematico. Adesso sono passati in primo piano nella sua opera soprattutto paesaggi, motivi naturali, ritratti e raffigurazioni di figure, nature morte e vedute urbane. Rispetto a ciò  le grandi opere tematiche e i quadri, riferiti ad eventi, con i quali Carl Timner suscitò soprattutto negli anni ‘70 e ‘80 grande scalpore, sono messi in secondo piano. Per Timner si è compiuto quindi un processo della generalizzazione. Poiché adesso si rivolge sempre più a temi universali, che lui rappresenta nei ritratti e negli studi di figure. Il corpo umano, con le sue torsioni, i suoi stiramenti o le sue flessioni, diventa per lui il centro della espressività. E’ sopratutto il corpo femminile, che Carl Timner studia e varia sempre di nuovo, che lo emoziona con le sue forme liriche. La modella è quindi un partner importante per il suo operare. Gli dà l’emozione sensoriale e la connessa ispirazione per un  nuovo processo creativo.

Negli anni passati anche il linguaggio pittorico di Carl Timner si arricchì: il realismo espressivo fino allora dominante delle sue opere fu ampliato con sfumature di nuova oggettività, ma anche impressionistiche. Esse conferiscono ai suoi quadri un quieto splendore, accentuano gli aspetti lirici e richiamano l’atmosfera specifica di una situazione. Sono soprattutto motivi della natura che portano Carl Timner ad un inteso confronto formale: quando, per esempio il gioco di luci sull’acqua, il fogliame autunnale bagnato o le canne sul lago sono rappresentati in modo così diretto, così virtuoso e realistico, tale che le forme acquisiscono una loro autonomia. Così oprando l’artista si serve sia di un tardo impressionismo, che tende all’utilizzazione dell’informale, sia di un realismo espressivo. Queste opere ricordano che Carl Timner oscillava nella fase formativa della sua produzione, tra le influenze del suo maestro Corrado Cagli e dell’ambiente artistico intorno a Renato Guttuso, fra astrazione e figurazione, prima di decidersi all’inizio degli anni ’60 per un realismo contemporaneo.

 


Nudo di ragazza in piedi - 1986
olio su tela, cm 105x90

La sua pittura più attuale pone più incisivamente la questione della realizzazione formale: a partire da quando la figura si dissolve nei suoi singoli segmenti e perde quindi la sua forma e quando le linee del colore si combinano per diventare forma. Carl Timner mostra le fasi del lavoro del dipingere apertamente, con consapevolezza. Proprio perché domina perfettamente la simulazione dell’illusione e la mette poi in discussione con le sue evidenti pennellate. La spontaneità della esecuzione cromatica non rinvia soltanto al processo elaborativo, ma dimostra molto consapevolmente la soggettività dell’artista legata ad essa.

La realizzazione della forma è legata per Carl Timner imprescindibilmente all’oggetto. Questo mostrano i suoi disegni a carboncino e a gessetto, nei quali indaga in modo molto differenziato le possibilità espressive del corpo. Queste figure umane presentano in modo molto diretto la loro fisicità all’osservatore e lo dovrebbero emozionare immediatamente. Ma Timner non mira ad una sopraffazione ma alla mediazione di un sentimento autentico, cosa che egli raggiunge attraverso un modo raffigurativo piuttosto spontaneo, molto oggettivo. Così i quadri figurativi stimolano la riflessione. I corpi visti, le loro forme delicate, ciononostante così naturali, non si dimenticano, si imprimono nella mente. In questo Timner si rivela di nuovo un realista: qui non si livella o non si maschera nulla, ma non si inasprisce neppure in modo veristico, bensì qui si mettono a nudo sfumature individuali, che abbozzano un’immagine complessa della realtà. Proprio in questo risiede lo stile di Carl Timner: in un’arte delle sfumature.

 

->>>Website ufficiale Carl Timner                                                                                    Mostra a Trevi 2003

 

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Aggiornamento: 27 aprile 2017.