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Casa Paolelli (ora Quadrelli)

Lapide Primadea Approvati

L’epigrafe fu notata solo alla fine degli anni novanta, nello spostare della mobilia dagli scantinati dell’ex Palazzo Paolelli, oggi proprietà Proietti-Quadrelli, sito nella Piaggia di Trevi tra il convento di Santa Lucia, la chiesa del Santissimo Crocifisso e la sconsacrata Santo Stefano. Da subito parve evidente il pesantissimo degrado che affligge il manufatto. Estesa, infatti, è la superficie della lastra erosa da un fenomeno chimico di gessificazione, che ne ha reso quasi illeggibili diverse lettere; pecca che si aggiungeva a quella ben più grave della parzializzazione dell’epigrafe, menomata della parte destra, cosa che restituisce noi un testo quantomeno sibillino.

Trevi -Casa Paolelli - Epigrafe "Primadea"

Procedendo con ordine le dimensioni della faccia iscritta sono 14.5 cm per la base minore, 33.5 cm per l’altezza e 20 cm per la base maggiore. Il lato destro, quello della frattura, dal profilo obliquo, denota i resti di un foro circolare (circa 4 cm Ø) dove si inseriva un perno in ferro di cui evidenti sono le tracce d’ossido. L’epigrafe doveva grazie a questo ancorarsi ad una muratura dove restava esposta, dando per scontato che l’attuale locazione sia stata attuata in epoca successiva, quando la lastra, trapiantata dal proprio contesto originario, risultava per le suddette ragioni già danneggiata. Lo spessore lapideo è variabile tra i  7 ed i 16 cm, ma le irregolarità potrebbero essere state apportate per adattare l’epigrafe alla nuova locazione. E’ ragionevole pensare che originariamente lo spessore fosse di proprio 15-16 cm, come si evince da una piccola porzione rimasta nella parte inferiore, rifinita nella superficie a differenza del resto frastagliato a bozze irregolari.

Sono leggibili sei righe di testo, di cui le prime quattro con altezza delle lettere pari a circa 4 cm, 4.3 circa per la quinta e 2.5 cm per la sesta, limitata ad un solo simbolo grafico superstite. Interessanti sono le due abbreviazioni  “medievaleggianti” alla prima e alla terza riga, dove i caratteri si riducono ad un’altezza di appena 2.2 cm e 1.8 cm. La grafia è ben accurata e si avvicina notevolmente alle qualità della maiuscola capitale latina. All’occhio del profano lo stile grafico data l’epigrafe ad epoca rinascimentale. Il testo a noi pervenuto è espresso forse meglio, nei grandissimi limiti di abilità grafica dell’autore, tramite il sottostante rilievo interpretativo, dove in grigio vengono segnalate le zone deterioratesi ad oggi.

La già impegnativa opera di traduzione, date le lacune, si era dapprima rivolta all’ambito della lingua latina, e alle relative abbreviazioni convenzionali. Ben presto mi accorsi di quanto fosse cosa vana. I primi sospetti vennero con la seconda riga, dove il leggibile MOGI(…)/MOGL(…) risultava incomprensibile nel panorama dei termini del latino classico e medievale. Un passo avanti fu il nesso trovato tra la terza e la quinta dove A(…)  FRA(…) LAM(…) aveva un suono troppo simile a quello dell’epigrafe scomparsa e segnalata da Franco Spellani, circa un Anton Francesco Lambardi, vissuto a Trevi nella seconda metà del XVI secolo. L’epoca concordava con le caratteristiche del testo ed era un plausibile punto di partenza; il resto tuttavia restava assolutamente intraducibile. Ma cercando informazioni su Lambardi, Durastante Natalucci e la sua Historia vennero in soccorso. Così alla pagina 1046 lo storico trevano menziona la biografia di questo personaggio citando il Dorio: “Anton Francesco di Pierfilippo Lambardi e di Cristina Valenti (…) il quale, divenuto avocato della sua patria(…) occupò poscia fuori dalla medesima diverse cariche ed officij, giusta al riguardo [che] ne da il Dorio (…) con il seguente tenore: “(…), Juris V.D., fuit prelegatus Viterbij et patrimonij in Tuscia sabtus d. card. De Rodolfis, fuit gubernator civitatis Interamnae, Reatinae et Ameriae, Beneventi ac Ravennae; ac intimus familiaris Pauli 3; ac eius super intendens in alma Urbe, in quo tribunali etiam cardinales audiebat et promotores fiscales creabat . Exercuit plura gubernia in Ascolo, Firmo et pluriubus alijs civitatibus.Venne dichiarato il 1573 nobile spoletino(…)”. Ed ancora si sofferma sulla vita privata, facendoci un bel regalo, a pagina 1047: “ Ebbe come consorte Primadea di Cristofaro Approvati (Andreangelus Marius in rog. Dotis 1523 et Ant. Lelius in test. Primadeae ad an. 1580). 

Ora finalmente tutto era chiaro e si poteva trovar giustificazioni al PRI(…) della prima riga e a quello che potevamo disambiguare come MOGL(…) alla seconda: PRIMADEA MOGLIE.  L’enigma diventava molto più limpido:  la lapide era relativa alla moglie di Anton Francesco Lambardi Primadea ed il testo epigrafico era redatto in volgare, non in latino, cosa quantomeno singolare per un epitaffio di quell’epoca e fonte di parte delle difficoltà di traduzione. Restava ancora insoluto il significato delle due abbreviazioni.  MSRE potrebbe tradursi con “messere” o meglio “mesere”, come d’altra parte Lambardi appare definito a pagina 523 della “Historia”. Per quanto riguarda MA ,il Lexicon Abbreviaturarum di A.Cappelli segnala a quella voce il significato di Madonna nello stesso XVI secolo, ma col significato di “signora” potremmo altresì leggervi madama o messera. Se così non fosse potremmo invece immaginare che sia l’abbreviazione di un nome proprio di persona, forse Maria, che ben si sposerebbe con l’insolito Primadea. Dalle sparute informazioni che Natalucci traccia sulla donna, non è possibile provare quest’ipotesi. Per quanto riguarda l’ultima riga, di minori dimensioni, potrebbe essere una formula lapidaria di conclusione. Il sospetto è che riguardi ancora Anton Francesco Lambardi, che predomina sulla figura della moglie, ricordata solo per esserlo stata. Potremmo così completare quella I superstite con una V ed una D, dato che così viene definito in abbreviazione Lambardi in più pagine dell’opera di Natalucci. Traducesi I.V.D. come iuris utriusque doctor . Ciò non toglie che, altrimenti, potrebbe trattarsi di formule relative alla spesa affrontata o espressioni di cordoglio piuttosto diffuse in ambito lapidario.

Il testo integrale ipotizzato è dunque

MA P R I M A D E A

M  O  G  L  I  E   D E

M  SRE A  N  T  O  N

F  R A  N  C  E S  C O

L  A  M  B  A  R  D  I

 I    V   D

E’ un po’ triste che la memoria della signora Primadea passi alla storia senza un cognome, senza una nota connotativa che non sia il suo essere stata moglie. Alla figura del marito spetterebbero, se la traduzione proposta fosse corretta, quattro delle sei righe e di Primadea, se non fosse per Natalucci, ci resterebbero cinque lettere incomprensibili e consumate.

Circa l’epoca di esecuzione, Natalucci ci informa che Primadea stabiliva le proprie volontà testamentarie nel 1580, così è ragionevole pensare che l’epigrafe si dati in quel frangente storico.  Sul perché, come e quando sia finita in Casa Paolelli non ci è dato sapere, dato che non sembra sussistere nessuna relazione tra i Lambardi o gli Approvati ed i vari proprietari susseguitisi nella dimora (dopo i Paolelli si succedettero gli Stocchi, gli Zappelli, i Maurizi ed infine gli attuali proprietari). La posizione nell’edificio dove venne collocata era assolutamente marginale per giustificare la volontà di esporre il testo, peraltro incompleto. Tuttavia la mutila epigrafe era murata nel senso di lettura, in una posizione irrazionale se fosse stata riutilizzata come semplice materiale edile, con il lato lungo in verticale. E’ probabile che qualcuno, in epoca relativamente recente, abbia deciso di portarsi a casa un pezzo antiquario invento chissà dove, di cui magari ignorava origine e significato. Sull’originaria collocazione si può citare il solito Natalucci quando ci informa che i Lambardi avevano la propria sepoltura di famiglia in San Francesco a Trevi.

 

Testo, foto e rilievo grafico: Stefano Bordoni

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