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    <267> 
      
    
    Presso al grave e solenne monumento dell' 
    inesorabile persecutore dei delinquenti e spietato sterminatore dei 
    briganti, l'animo e l'occhio del visitatore si affisano con desiderata 
    dolcezza sul piccolo, ma elegante monumento, (m. 2,90 X 5,50 comprese le 
    pitture) che ricorda una gentildonna mite e virtuosa (N. 18 della pianta e 
    Fig. 51). 
    
    Alla memoria di Subrezia Lucarini, il marito 
    Fausto Valenti volle con affettuoso rimpianto, dedicata questa gentile opera 
    d'arte, che è — per dir così — il più «umano» tra tutti monumenti funebri di 
    questa Chiesa,. 
    
    Chi entra in essa non può a meno di soffermarsi 
    dinanzi a questa effigie di donna, che nel volto semplice e sorridente 
    porta impresse la bontà e la mitezza dell'animo. E chi lo guarda si persuade 
    che veramente sincero dovette essere lo sposo desolato, quando sulla tomba 
    della sua diletta faceva incidere queste toccanti parole: 
      
    
    MEMORIAE CONIUGALI 
    SUBRETIAE LUCARINAE UXSORI KARISSIMAE ET 
    FRUGI FAUSTUS VALENS BENEDICTI F. POSUIT 
    DE QUA DOLUITI NIHIL NISI MORS EIUS. VIXIT AN. 
    XXXII. MENS. IV. D. VI. OBIIT XVII. KAL. SEPTEM. MDLXII (1). 
      
    
    Da lei, il marito non ebbe altro dolore che quello 
    di vederla morire. L'idea e le parole sono antiche. Il coniuge rimasto solo 
    e dolente non sa trovare frase pi� efficace. Nelle iscrizioni funerarie 
    
    
    ________________________ 
    
    (1)
    
    
    Alla memoria coniugale — A Subrezia Lucarini, 
    moglie carissima e buona, Fausto Valenti, figlio di Benedetto, pose — 
    Di lei nulla gli dispiacque se non la morte — Visse ,32 anni, 4 mesi, 6 
    giorni — Morì il 19 Agosto 1562. 
    
    
    
    * Il bellissimo busto, a seguito di un 
	fantasioso tentativo di furto nel 2011 fu trasportato nel locale museo di S. 
	Francesco 
    <268> 
    
    romane — sia pagane, che cristiane — era tanto 
    comune questa espressione di supremo dolore e di accorato rimpianto, che 
    alle volte, era espressa anche con alcune iniziali così: 
    
      
    
    DE. QUA. N. D. A. N. MOR. 
    
    (de qua nullum dolorem accepit nisi mortis). 
      
    
    E in alcune troviamo le precise parole della 
    iscrizione di questo monumento: 
      
    
    DE QUA DOLUIT NIHIL NISI MORS EIUS (1) 
      
    
    Questa parrebbe una frase retorica: ma non lo è; è 
    piuttosto un grido del cuore. Prova ne sia che la frase sopravvisse nei 
    secoli; sicché anche ora la vediamo ripetuta in epigrafi funebri. 
      
    
    * * * 
    
    Il monumento in pietra dell'appennino, è sobrio ma 
    elegante e di una semplicità che attrae. Sullo zoccolo è collocata 
    l'iscrizione; sopra di questa, tra due coppie di lesene, è in ovale il 
    semibusto della defunta, scolpito in finissimo marmo bianco, al quale il 
    tempo ha conferito una patina come d'avorio (Fig. 52). La testa, ben 
    modellata, è  ricoperta da un manto di cui le pieghe, nella loro semplicità, 
    sono trattate con maestrìa, a decorazione e complemento della figura, nella 
    quale l'espressione dolcissima colpisce profondamente. 
    
    Sopra l'ovale, una conchiglia, modellata ed 
    eseguita con toscana eleganza. Il piccolo monumento si chiude con una cimasa 
    arcuata. Sopra di essa lo stemma, risultante dall'unione delle armi Valenti 
    e Lucarini congiunte nello scudo partito. 
    
    Notevole il fatto che il gentile ricordo funebre è 
    collocato a così poca altezza da terra, che il visitatore viene quasi a 
    trovarsi faccia a faccia con la immagine della defunta. Circostanza questa 
    che richiama ancora di più l'attenzione sulla pregevole opera d'arte. 
    
    A questo, come agli altri monumenti vicini, si 
    volle — e mi permetto di non approvarne né l'idea, né l'esecuzione — accrescere solennità ed importanza contornandolo di pitture barocche. Due 
    Sibille fiancheggiano l'edicola ed altre due sono al di sopra di 
    questa, al riparo di un panneggio sorretto da putti. Una figura del 
    Redentore, 
    
    ________________________ 
    
    (1)
    
    
    Fabretti R.
    Inscriptionum antiquarum etc. - Roma, Ercoli, 1699, pag. 275. 
    
    
     
     
	  
        
	  
      <269> 
    
    con altri tre putti, è in cima alla farraginosa 
    pittura, che si può senza timore di sbagliare — anche per la poca importanza 
    artistica — attribuire ad uno dei già nominati Angelucci. E non mi sembra 
    improbabile che la pittura sia di parecchi anni posteriore alla esecuzione 
    del monumento.
    
    Della gentildonna qui sepolta non abbiamo notizie 
    particolari. Sappiamo soltanto che era figlia di Prospero Lucarini e di 
    Ersilia N. N. Morto il padre, la madre si fece monaca. La Subrezia ebbe due 
    sorelle: Lorenza che fu moglie di Monte Valenti e Lucrezia che sposò un 
    Petrelli di Trevi. Appartenne alla benemerita famiglia dei Lucarini, che 
    diede alla patria uomini illustri e benefici; tanto che fiorisce ancora in 
    Trevi un collegio di giovani fondato da un Virgilio Lucarini.   |