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Madre Maria Francesca Zappelli

delle Francescane Missionarie di Maria

2 - Memorie

Notizie riprese dal testo a stampa "Ho donato tutto con gioia", edito dalla famiglia (circa 1980) che lo ha gentilmente messa a disposizione

1 - BIOGRAFIA

Umbria: la sua terra.

Zappelli: la sua famiglia

Chiamata misteriosa

Verso una scelta totale di Dio

Missione Ceylon

Offerta piena e gioiosa

Spirito evangelico e francescano

Tra i più poveri

Missione di Bhamo

Missione Birmania

La prova della guerra

Il ritorno

Verso la fine

La morte

2 -MEMORIE

Due testimonianze

Nel ricordo della sorella Angela

Alcuni ricordi del fratello Sacerdote

Ricordi del P. Kellher dopo 40 anni.

Un gradito incontro dell'anno 1980

Preghiera di madre Francesca per il fratello sacerdote

Pensieri

Conclusione

 

Trevi, Italy, Madre Maria Francesca Zappelli F.M.M.

 

DUE TESTIMONIANZE

MISSIONE CATTOLICA
Khudung, 8 Ottobre 1946
                         Bhamo U. Burma

 

Caro Signor Zappelli,

quale tristezza è la mia dovendo recarle la subitanea e tragica notizia della morte di sua sorella, Madre Francesca! È di vero cuore che offro a Lei e ai parenti le mie più vive condoglianze e simpatie. Se la scomparsa dell'amata sorella è causa di tanta tristezza per loro, non minore è la mia.

La Provvidenza volle che, lavorando assieme in questo paese di Missione, la conoscessi fin dal suo arrivo qui, nel 1939. Nessuna parola umana può esprimere il lavoro compiuto da sua Sorella, durante questi anni: lavoro compiuto tanto santamente, fra difficoltà immense ed ingratitudini di ogni genere. Cosi posso dirle che Madre Francesca aveva in sé la stoffa di una santa. Due sole parole dicono tutto: spirito di fede e sacrificio, che la resero amata da tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerla presto o tardi: cristiani, pagani e Sacerdoti Irlandesi di questa Missione. Prima e dopo morta, tante preghiere, tante Messe furono offerte che provano meglio di queste mie parole, quanto Madre Francesca era madre, cioè piena d'abnegazione, di sacrificio, di dimenticanza di sé per aiutare Sacerdoti, cristiani ed anche pagani, giorno e notte. Se fosse stato qui a Khudung, prima della morte, sarebbe

stato consolato, vedendo questi poveri indigeni affollare la chiesa tutto il giorno, ascoltando e chiedendo Messe, pregando ore ed ore, comunicandosi, sforzandosi di strappare alla morte ed al volere divino, la loro amata madre. Forse in casa sua, la cara Madre Francesca non avrebbe avuto tante dimostrazioni di filiale amore ricevute qui; mi scuserà se le parlo così: almeno capirà meglio quanto la sua cara Sorella era amata qui. Ma fu anzitutto nel giorno del funerale che povera gente, pagana e cristiana, prorompendo in pianto, dimostrò quanto era forte l'amore, che la legava alla cara Madre. Quante Messe fecero dire per il riposo di Madre Francesca!

Per me la perdita è immensa. Ho perso il migliore amico e sostegno: era più d'un amico, una madre. La maniera materna di fare coi cristiani, coi pagani, fu il miglior mezzo per aiutare ognuno, e dirigerli verso la Missione e verso la conversione; io ero partecipe dei suoi meriti, lei partecipe del mio lavoro apostolico e tribolazioni.

Ora è difficile per me pensare che sono solo a sopportare il peso del giorno e del caldo, senza comunicare ad altri la mia pena, per alleviarla un po'. Sia fatta la volontà di Dio!

La sua morte fu talmente l'esito della sua santa vita, che mi riempie di gioia pensare che la sua amata sorella possiede già l'eterna felicità. Nessuno la conobbe meglio di me, essendo stata qui fin dal suo arrivo, ed essendo stato io suo confessore: testimone delle sue tante sofferenze morali e materiali, ma anzitutto morali: la sua morte è meglio di una vita: morendo rimane presso di noi più che non lo fosse stata vivendo.

Dalla camera mia posso vedere la sua tomba: la sua presenza sarà il migliore aiuto spirituale che mi recherà coraggio nel lavoro che sono solo ora a condurre.

Caro Sign. Zappelli, scrivendole questa lettera, mi faccio partecipe della sua tristezza; in Madre Francesca tutti perdemmo un'amica santa, ma il cielo si rallegrò. Quanto a me, mi rallegrerò sempre pensando di aver potuto conoscere Madre Francesca, di avere potuto apprezzarla quale confessore, compagno di sofferenze per vari anni, e specialmente durante la comune prigionia giapponese e dopo! Mi congratulerò pure sempre di aver potuto assistere alla sua santa e placida morte e d'aver così potuto apprezzare il suo spirito di fede, di sacrifizio, di zelo per il regno di Dio: ciò fu e sarà per me la più grande consolazione.

P.J. Kelleher

 

 

 

Caro Signor Zappelli,

ho bisogno di dirle la mia impressione sulla sua amata sorella. La conobbi anni fa, ma per bene, solo da quattro mesi. Un'occasione più opportuna mi fu data giusto prima della sua morte: predicai il ritiro alle R.R. Suore; finii 1'8 settembre, e la cara Madre, già stanchissima, si coricò il giorno seguente per non alzarsi più. Mori il venerdì mattina 20 settembre, cinque minuti dopo mezzanotte del giovedì. Di cosa morì? Non si sa. Ma fortissima come era, appena poteva stare in piedi, era per lavorare, visitare ammalati, curare altre persone o suore. Fu ammalata due volte prima, ma per alcune ore solo; e di nuovo, senza tregua, al lavoro, materiale ed intellettuale, giorno e notte. Sofferenze fisiche grandi, ma anzitutto morali: Iddio ed il suo confessore solo lo sa. Finalmente il Signore ebbe pietà di lei e se la prese: fummo tanto tristi, ma contentissimi per varie ragioni: era preparata per il cielo; tutto aveva concorso per santificarla, uomini e lavoro; tante sofferenze la resero matura per il cielo, ancora giovane.

È con ragione che il P. Kelleher disse essere una perdita pure per me e la mia Missione in Cina: spero che aiuterà più ora dal Cielo che prima. La nostra cara Madre Francesca s'era fatta, secondo l'Apostolo, tutta a tutti ed in tutto. Grande devota del Sacro Cuore, contro ogni umana previsione, mori all'inizio di un venerdì.

Se la sua morte è una perdita, la sua gioia eterna deve diminuire la nostra tristezza e spingerei ad un bene più grande.

P. Fognini, S.C.J.

 

NEL RICORDO DELLA SORELLA ANGELA

      Ho incontrato sua sorella Angela che vive oggi a Foligno in una tranquilla casetta di Viale Ancona.

      Il ricordo di Agnese è presente in mille particolari e domina continuamente i suoi pensieri.

      Mi ha accolto con una cordialità squisita, felice di poter parlare della sorella missionaria, gloria di tutta la famiglia.

 

- Un 'infanzia vissuta insieme tra fratelli e sorelle è sempre indimenticabile. Pensa che conserverai mille ricordi e episodi di vita di Agnese prima che decidesse di essere suora.

 

- Senz'altro e non so da dove cominciare e neppure posso raccontare tut.to. Niente, proprio niente poteva far pensare che un giorno Agnese sarebbe diventata suora e missionaria. Era sfaticata e dispettosa e aveva una fantasia particolare nell'organizzare dispetti. Spesso abbiamo litigato e non con me sola. Una notte d'inverno mi scoprì tutta, facendomi prendere freddo, accese due candele e mi cantò le preghiere dei morti. Riguardo al lavoro era inutile parlarne, anche perché si sentiva ed era la preferita di mamma.

Dopo la morte del babbo fummo messe in collegio e anche lì era la disperazione delle suore. Mai avrebbe voluto essere una di loro.

Penso che quando tornammo a casa, le buone suore abbiano fatto tre giorni di ringraziamento. In compenso era sincera e spontanea.

 

- Come può spiegarsi un cambiamento così radicale e una decisione così forte?

 

- Non lo so e forse lo sa solo il Signore. Quando me lo diceva, avevo l'impressione che prendesse in giro il Signore; il parroco scoppiò in una grande risata.

Comunque qualcosa di nuovo in lei si notò: lei che non aveva mai fatto niente si mise a lavare i piatti il giorno e la sera.

 

- Tornando a casa dopo la sua partenza, si è notato un cambiamento?

 

- Non è più tornata a casa, ma siamo andati noi a trovarla per la vestizione ed altre occasioni. Certo non era più l'Agnese di prima.

Era felicissima della sua vocazione e non finiva di ringraziare Dio. Consapevole di averne combinate un po' tante, anche se non gravi, mi chiese perdono, dicendomi: «Te ne ho fatte tante».

 

- La mamma come accolse la decisione? In quegli anni partire significava tornare poco, forse mai.

 

- Per la mamma il distacco fu molto duro; non riusciva ad accettare la decisione della figlia e soffrì molto. Ma Agnese fu abbastanza convincente e riuscì a farla rassegnare.

 

- Dopo la sua partenza per la missione, quali erano i vostri rapporti?

 

- Sapevamo poco; le lettere erano rare e non sempre arrivavano, poi ci fu la guerra. Le sue lettere ci comunicavano una gioia grande nel lavorare per il Signore.
 
Aspettavamo di anno in anno un suo ritorno e l'anno della morte eravamo quasi sicuri di rivederla: avevamo saputo che nel novembre di quell'anno i martiri indocinesi dell'inizio del secolo sarebbero stati beatificati; per l'occasione sarebbero venuti a Roma vescovi, sacerdoti e sette suore dell'Istituto di Agnese, tra cui le superiore. Aspettavamo solo di conoscere il giorno del suo arrivo.

 

- Come vi colse la notizia della morte?

 

- Fu un momento doloroso per tutti, anche se un po' l'aspettavamo. Infatti avevamo saputo della sua prigionia con tutte le sofferenze, conoscevamo la sua poca salute ormai e avevamo appena ricevuto la lettera con la richiesta della preghiera per la Buona Morte.
Ringraziamo Dio che la mamma era morta da alcuni anni: non avrebbe sopportato un simile dolore.

 

- Quale ricordo voi familiari avete ora di Agnese e cosa pensate della sua vita?

 

- Non sta a noi dare giudizi sulla sua opera e sulla sua vita. Siamo riconoscenti a Dio per questa sua bella vita e riconosciamo che in lei la grazia di Dio ha operato efficacemente.
Ogni anno ci riuniamo tutti per una S. Messa di ringraziamento con il nostro fratello sacerdote.

 

- Mi ha fatto notare il contrasto forte tra l'Agnese di Villanuova e Madre Francesca come suora.
Non è possibile cogliere, al di là dell'esuberanza del carattere, un animo davvero generoso, preparato da una vera educazione cristiana ad accogliere la voce di Dio?

 

- Certo! Una volta uscite dal collegio posso dire che siamo entrate in famiglia in un altro collegio. La mamma era esigente in ciò che era fede; ogni giorno si recitava il rosario e ci spingeva a fare tanta carità, dicendo: «Quello che esce dalla porta, il Buon Dio lo fa rientrare dalla finestra».

 

- Ogni vocazione, si può forse dire, è un dono di Dio che passa attraverso il cuore della mamma e della famiglia.

 

 

 

ALCUNI RICORDI DEL FRATELLO SACERDOTE

 

Agnese era l'anima dell'allegria e della spensieratezza. Amava realmente la vita; i suoi scherzi, fatti ai fratelli e alle sorelle, ne sono una testimonianza.

Quando ci ritroviamo insieme, siamo rimasti in 5 su 9, la ricordiamo ancora. Ne faceva veramente tante, ma si faceva anche perdonare subito, perché in essi vedevamo l'esuberanza del carattere e poi era sempre pronta ad aiutare ognuno di noi quando era in difficoltà o aveva bisogno di aiuto.

Non amava lavorare, ma leggeva molto, soprattutto riviste missionarie. Una sua compagna delle elementari ci ha confidato che scambiava con lei il suo pane: preferiva mangiare lei quello nero e darle il suo bianco.

Conobbe le suore Missionarie Francescane di Maria e decise di farne parte: era attirata dalla loro carità, dall'amore per le orfanelle e dalla gioia tipicamente francescana.

     Desiderava anche una famiglia, ma la chiamata del Signore fu più forte ediversi pretendenti furono scoraggiati.

Entusiasta dell'ideale missionario ce lo comunicò durante il suo viaggio a Colombo e tante altre volte. Desiderava sacrificarsi tutta per Cristo e per Lui dare la vita.

Il primo tirocinio lo fece tra i poveri di Nuwara-Eliya e poi fu chiamata a Khudung sulle montagne katcine. Partì felice di poter vivere in pieno il suo ideale missionario.

     Fin dall'inizio si diede talmente ai suoi cari katcini, che essi avrebbero sacrificato tutto per lei.

Durante la seconda Guerra Mondiale fu internata dai Giapponesi a Mandalay. Secondo la testimonianza di una sua con sorella fu sottoposta a lavori forzati per non aver calpestato il crocifisso. Erano torture fisiche e morali che si aggiungevano alla preoccupazione per le sue consorelle, internate come lei.

     Picchiata, costretta a portare pesi, ben presto cominciò a soffrire di polmoni. Le sofferenze e il clima umido accelerarono la fine.

Nel 1946 riprese in pieno il suo lavoro e si diede anima e corpo per impiantare la devozione al S. Cuore che assieme all'amore al SS.mo Sacramento erano la sua forza.

     Il rimpianto generale per la sua scomparsa diceva di aver perduto "un'amica santa", di cui si rallegrava il cielo.

Il suo confessore, testimone privilegiato delle sue sofferenze fisiche e morali, compagno di prigionia, afferma di "aver potuto apprezzare il suo spirito di fede, di sacrificio e di zelo per il regno di Dio".

Io la vidi per l'ultima volta prima che partisse per Marsiglia e Colombo, quando venne a trovarmi nel collegio di Roma: ricordo il suo sguardo sereno e coraggioso.

 Parlando di questo incontro alla mamma, chiedeva: "Oreste vi ha scritto? Quale impressione ebbe quando mi vide a Roma? Quella mattina ero io molto più coraggiosa di lui!"

    Si augurava, e me lo scrisse, di rivedermi presto come missionario in Ceylon.

                Spero di rivederla in cielo e ringrazio Dio di averla avuta come sorella.

 

 

Un breve racconto sulla missionarietà e la morte di madre

MARIA FRANCESCA ZAPPELLI F .M.M.

redatto da padre Geremia Kelleher S.S.C.

 

Il mio primo incontro con Madre Francesca fu in una bella giornata del febbraio 1939.

Noi ci incontrammo in un sentiero nella giungla ai piedi della collina a circa sette miglia da Hkudung. lo arrivai su un pony per incontrare il vecchio e mal ridotto bus che aveva condotto Madre Francesca e la sua compagna da Bhamo, che distava circa trenta miglia di strada.

Avrei percorso Bhamo in quell'autobus e la Madre voleva fare il viaggio - il suo primo missionario a Burma - cavalcando il pony che mi aveva recato giù ai piedi della collina, tornando da Hkudung: certamente fu un'esperienza nuova e molto emozionante per Lei.

Non dimenticherò mai questo incontro e le impressioni che tutto l'atteggiamento e il comportamento di Madre Francesca fecero su di me. Lei appariva così giovane e piena di vita, e la sua umiltà, la sua bontà di cuore, il suo calore e il suo affetto si sentivano intorno a tutta la sua persona.

Ci sedemmo accanto al sentiero erboso e ci rinfrescammo prima che io andassi con l'autobus a Bhamo, da lì in seguito alla direzione della Missione Cattolica e ai padri Colombani nel Nord di Burma.

Ritornai dopo qualche giorno da Bhamo per riferire il mio operato missionario, il quale era iniziato l'anno precedente sotto la guida del saggio e accorto pastore, il reverendo Fr. Gilhodes, un missionario veterano della M.E.P. Questo apostolato dovrebbe essere veramente e molto attentamente collegato all'apostolato delle sorelle Francescane Missionarie (F.M.M.). In questo convento a Hkudung Madre Francesca all'età di 30 anni divenne Superiora.

Oggi guardo indietro a quei due anni come ai più felici di tutta la mia vita missionaria. Ero così giovane, circa tre anni più giovane di Madre Francesca e iniziavo appena a capire la dura strada attraverso l'esperienza, gli insuccessi, traendo vantaggio dalle potenzialità concessemi, così nascoste, per divenire un efficace missionario sulle difficili strade della giungla a Kachim, terra del nord di Burma.

In questi due anni posso dire sinceramente che Madre Francesca ha avuto una profonda influenza nella mia vita come prete e missionario. Fu la personificazione della bontà di cuore e della sincerità. "Collaborazione" deve essere stata la prima parola nel suo vocabolario spirituale. Non descriverò qui come esattamente Madre Francesca influenzò la mia vita in quel momento. Posso solo attribuire tutto ciò un po' al suo carisma, un po' all'intensità d'animo e alla bellezza della sua anima che era in grado di irradiare tale bontà di cuore, interesse, calore, compassione, senza fare nessuna eccezione.

Ogni volta che ritornavo a Hkudung dai viaggi missionari ai villaggi periferici sempre affaticato e spesso indebolito dai duri e scoraggianti eventi

che non mancavano mai, sempre Madre Francesca cacciava via la tristezza e mi aiutava a vedere la felicità che Lei non mancava mai di cogliere e nessun affanno, in nessun modo, offuscava e minacciava il suo orizzonte.

Madre Francesca era sempre in movimento, visitando non solamente le case dei cattolici e dei non cattolici nelle immediate vicinanze, ma anche camminando dieci-quindici miglia per curare i malati, battezzare i bambini, consolare i sofferenti dei villaggi estremi. Ebbe il dono di cogliere anche l'essenzialità della lingua, acquistando da ciò una bellissima possibilità nel suo lavoro, in pochi mesi. Questo naturalmente aggiunse efficacia al suo apostolato. Sono convinto che Madre Francesca avesse qualcosa oltre al suo naturale fascino, al calore della sua umanità e della sua personalità benevola.

Il suo non fu un facile lavoro. Per nove anni, superiora di un convento che abbracciava cinque differenti nazionalità. Aveva solo 30 anni, senza un' esperienza preliminare missionaria e amministrativa; ma affrontò i problemi e le difficoltà che sorgevano inevitabilmente con naturale saggezza, prudenza e abilità pratica. Il suo amore e il suo riguardo per la gente di Kachin, soprattutto non cattolici, è da ricordare, si espresse nella sua disponibilità e servizio ai loro bisogni in ogni momento, anche quando questo richiedeva un grosso spirito di sacrificio.

Quei giorni immensamente felici a Hkudung precedettero altri disastrosi, quando io ricevetti un appuntamento a Bhamo da mons. Husher, poi prefetto apostolico della Prefettura di Bhamo, eretta recentemente.

Poi venne Pearl Harbor e la guerra dell'estremo oriente. Mi unii all'esercito britannico come cappellano. Ritornai a Hkudung come pastore nel novembre del '45. Madre Francesca era ancora a Mandalay, dove fu presa dall'esercito giapponese con padre Ghilades (ora settantacinquenne) e la comunità di Hkudung nell'autunno del '44. Le sorelle e padre Ghilades soffrirono grandi avversità e privazioni mentre facevano il loro lento viaggio attraverso il paese con il battello da Bhamo a Mandalay, circa 400 miglia a sud. C'erano due anziane sorelle che cedettero e morirono per le fatiche e le privazioni che sperimentarono mentre erano in viaggio. Un resoconto di questo esasperante viaggio, del trattamento di Madre Francesca, dei problemi e delle crisi quotidiane, formano un poema che ha pochi eguali nella storia delle missioni.

Quando arrivarono a Mandalay, i militari giapponesi permisero a Madre Francesca di unirsi al grande convento delle Figlie di Maria Ausiliatrice a cui la casa di S.I. Leper era stata annessa, a circa tre miglia a nord est della città di Mandalay. Rimase lì fino alla fine della guerra ed anche qualche mese in più, per mancanza di comunicazioni tra Mandalay e Bhamo. Probabilmente lei e quattro sorelle indigene arrivarono a Bhamo nel tardo novembre del '45, con una commissione per la loro Madre provinciale a Colombo, il Sri-Lanka riapriva il convento a Hkudung con Madre Francesca come Superiora. La Madre arrivò con la sua comunità a Hkudung alle 8 pomeridiane del 3 dicembre 1945 festa di san Francesco Saverio. Fu costretta ad andare a piedi per le ultime 14 miglia del viaggio a causa del ponte rotto e delle strade danneggiate, che non erano ancora state riparate.

Ebbi il privilegio di dare il benvenuto, a Lei e alla sua comunità, in una fredda e rigida notte di dicembre: era la stessa Madre Francesca che sei anni prima avevo ricevuto. Lo stesso viso sorridente lo stesso splendore, non un segno di stanchezza e fatica dopo quel lungo e arduo viaggio. Le sue prime parole furono:

«Tutto ciò è come un sogno, Padre!».

Allo stesso modo in questa notte fredda e rigida Madre Francesca irradiava calore, bontà, coraggio e gioia alla gente tanto amata di Kachin pronta a raccogliere di nuovo le trame lacere e frantumate dalla guerra e da tutte le crudeli concomitanze.

La Madre cresceva e maturava ormai fuori dalle avversità e crudeltà della guerra. Essa crebbe spiritualmente salendo nuove vette nel suo personale incontro con Cristo: era tutta consacrata a Lui e riconosceva e serviva Cristo in ogni essere umano.

Questa coraggiosa giovane, serena, sorridente e animosa missionaria di Maria ci avrebbe lasciato solo dopo nove mesi. Durante i mesi del dopoguerra, ingegnandosi ancora una volta a ricostruire quasi tutto dalle rovine, aprendo scuole, cercando insegnanti, fortificando con la Messa e i sacramenti coloro che erano rimasti fedeli e sforzandosi di ricondurre all'ovile coloro che si erano smarriti durante gli anni della guerra, si sottopose ad un'impresa non facile. Anche dopo 40 anni, posso ancora richiamare alle mente vividamente l'aiuto e il servizio che ricevetti da Madre Francesca e dalla sua comunità. Madre Francesca specialmente illuminò le mie difficoltà attraverso la sua inesauribile e tenace fede, il suo ardore e coraggio, la gioia affidata a Cristo, fonte e ispirazione di questa fede, maturata nel suo ritiro spirituale ai primi di settembre del' 46. Questo ritiro fu condotto da padre F ognini, un padre Betarhamita la cui missione a Talifu China aveva appena passato la frontiera fra Sino-Burma, circa 25 miglia da Hkudung.

La Madre si sentì male subito dopo il ritiro e così padre Fognini fu molto gentile rimanendo con me. Il pensiero. della morte non ci venne alla mente, ma come i giorni passavano e lei non rispondeva alle cure, chiamammo il dottor Tangeline da Bhamo. Lui venne e rimase tutta una notte e diagnosticò che era gravemente ammalata di malaria: pensò di non accennare a malaria cerebrale. lo sentii sicuramente che era malaria cerebrale. Il dottore diede le necessarie medicine, iniezioni, capsule e compresse, e ci lasciò con l'assicurazione che Madre Francesca sarebbe stata ricoverata presto.

     Strano davvero a raccontarsi, entro pochi giorni madre Francesca ci lasciò per sempre.

     Ebbi il gran privilegio di assisterla durante quei giorni tristi e ansiosi.

Le amministravo la S. Comunione tutti i giorni e questo significava unacosa grandissima per Lei. La sua fede profonda quando le amministravo il Sacramento dell'Unzione degli Infermi e quando noi pregammo quasi continuamente al suo capezzale, fecero una profonda impressione in tutti.

Mi piacerebbe poter esprimere la testimonianza come un proverbio; ciò che sopportò alla fine della sua malattia con eroica fede e coraggio così caratteristici, e sentendo la fine arrivare disse: «Grazie a voi! Grazie a voi per tutti i piccoli servizi che mi avete reso!».

Morì verso le 11 di sera in serenità e pace, sorretta dalla sua comunità, da padre Fognini e da me.

Oggi 41 anni dopo, ho un'immagine chiaramente incisa degli ultimi momenti della cara madre Francesca e il terribile senso di perdita e di dolore che mi prese in quel momento.

Tenemmo le sue preziosissime spoglie con noi per due giorni e due notti nell'oratorio del convento, e la gente veniva continuamente a pregare accanto a Lei.

I suoi funerali, che io celebrai, furono tristi ma stupendi.

La piccola chiesa di Parish era piena. La sua comunità e i due padri Colombani, fr. Govern e fr. Rillsone, dai loro luoghi furono in grado di essere presenti con padre Fognini ed io.

lo non ho desiderio o intenzione di anticipare alcuna dichiarazione che riguarda la santità di Madre Francesca, ma sarò onesto nel dire che la notte in cui Ella morì, sentii che una santa ci aveva lasciato per sempre, e passati 41 anni non ho mutato questa opinione.

Rev. Fr. Jeremiah Kelleher, S.S.C.
St. Joseph's Parish Church
Olongapo City, Philippines

 

 

UN GRADITO INCONTRO DELL'ANNO 1980

Il nepote Ugo Zappelli  ebbe la fortuna di incontrare a Roma presso l'Istituto Suore Francescane di Maria in Via Giusti, 12, la Superiora della missione di Birmania Khundung, Suor Filomena, alla quale chiese se gentilmente, nel suo ritorno in Birmania, le avesse mandato un ricordo della cara zia.

Ed ella le inviò una parte delle ossa.

Di questo ricordo è stata fatta una piccola urna e depositata nella Cappella della famiglia Zappelli in Trevi,

 

 

 

 

Preghiera di madre Francesca per il fratello sacerdote

 

 

O Gesù sacerdote eterno

custodite mio fratello Oreste

ora vostro sacerdote

nel Vostro S. Cuore

ove nessuno può fargli del male.

 

Custodite senza macchia le sue mani

che l'Unzione Sacra ha consacrato

che ogni giorno toccano il Vostro Sacro Corpo.

 

Custodite senza macchia le sue labbra

imporporate ogni giorno dal Vostro Sangue prezioso.

 

Custodite immacolato

e lontano dallo spirito mondano il suo cuore

segnato dal sigillo sublime del sacerdozio.

 

Che il vostro santo Amore infiammi il suo cuore,

lo preservi dal contagio del male.

 

Benedite il suo lavoro

con abbondante fecondità.

Che le anime affidate al suo ministero

siano la sua gioia nel mondo

e la sua consolazione

nel cielo la sua corona immortale.

 

Signore Gesù proteggete con la protezione

del Vostro Divin Cuore

mio fratello sacerdote.

 

Siate la sua luce, la sua forza, la sua consolazione.

 

Maria,

Madre di Gesù sacerdote

santificate tutti i sacerdoti.

 

 

 

 

Pensieri

 

La felicità
appartiene all'anima
 e non al corpo.


La sua sorgente
si trova nel sacrificio
e non nel godimento.

5 - XII - 1929

 

 

Ti guidi la fede
in ogni azione.

Sarai felice nella felicità,
forte nel dolore.

               15-VII-I928

 

 

CONCLUSIONE

Abbiamo rivissuto insieme una vita semplice e grande insieme. È una donna della nostra gente; i suoi sono ancora tra noi. Non ha avuto mai paura di dire «sì» a Dio.
La fiducia è stata sempre più grande della prova.
L'amore al tabernacolo l'ha illuminata e sostenuta.
L'amore vero per tutti l'ha spinta sempre
fino a farle dimenticare se stessa, le cose e le persone che amava. Ha dato molto, ma ha trovato di più.
Nel sacrificio ha scoperto il segreto di una gioia non comune. La sua vita è stata utile a molti.
Ora vive nel ricordo e in benedizione.
Nessuno rimpiange, ma molti ringraziano.

È una vita bella e vera
è una vita vissuta
è una vita spesa per un ideale grande.

Non è un esempio difficile o lontano.
Basta un po' di fede e di coraggio
come lei ci ha insegnato

Ogni vita sarà allora
come la sua
un dono sempre.

P. Luigi Cicolini

04

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Aggiornamento: 27 aprile 2017.