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Da L'Osservatore Romano   8/7/2005
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Trevi - Celebrata solennemente la festa del santo concittadino
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Antonino Fantosati missionario martire
per l'evangelizzazione della Cina

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Venerdì 8 luglio, alle ore 18,30 nella chiesa collegiata di S. Emiliano a Trevi, l'Arcivescovo di Spoleto-Norcia Mons. Riccardo Fontana presiederà il solenne pontificale per ricordare il Vescovo Sant'Antonino Fantosati, martirizzato in terra cinese. Il giorno seguente, sabato 9 luglio, data in cui ricorre per la Diocesi anche la festa di san Brizio, primo Vescovo di Spoleto, ci sarà una fiaccolata dalla casa natale di san Fantosati.

Sant'Antonino era nato a Trevi il 16 ottobre 1842. I genitori di Antonino vivevano in campagna, in una rustica casetta, poveri di cose, ma ricchi di onestà: una coppia serena e laboriosa.

La loro prima preoccupazione fu che fosse rigenerata nell'acqua del battesimo la loro creatura e, il giorno stesso della nascita, venne battezzato nella maestosa chiesa Collegiata di S. Emiliano in Trevi.

L'attestato del battesimo, conservato nell'archivio parrocchiale, porta al numero 300 questa nota: «L'anno del Signore 1842 il giorno 16 ottobre il Canonico Don Luigi Ubaldi della perinsigne Collegiata di S. Emiliano battezzò il bambino nato questa mattina alle ore 10 da Domenico Fantosati e da Maria Bompadre, al quale venne imposto il nome: Antonio, Sante, Agostino. Padrini furono Lucio Clognotini [???]De Carolis da S.Luca e Agata Maria Brunelli dal paese delle Coste (Villa Custarum)».

Aveva vestito l'abito religioso francescano a Todi all'età di 16 anni. Ordinato sacerdote nel 1865, nel 1867 decise di partire missionario per la Cina. Giunse così ad Uccian, capitale del Hu-pé e residenza principale della missione. Dovette vestire abiti cinesi e cambiare il suo nome in Fan-Hoae-te, secondo la lingua locale. Durante la sua attività apostolica ha subito spesso le persecuzioni dei «boxers» fino a rimanerne vittima nel luglio del 1900.

Dal sacerdozio al martirio

Di costituzione gracile da ragazzino, alla famiglia non parve buona scelta metterlo a maneggiare i pesanti attrezzi agricoli per cui ne favorirono la frequentazione della scuola del vicino convento francescano di San Martino di Trevi dell'Umbria.

II suo passaggio a sedici anni dalla scuola al noviziato di Spineta di Todi, si presentò per la famiglia e il convento dei frati un'evoluzione spontanea. Nel 1865 venne ordinato sacerdote.

Nel 1867 esercitò il suo ministero a San Francesco a Ripa di Roma dove incontrò il procuratore generale che si mise a parlare ai giovani raccolti intorno a lui della difficile situazione cinese. Antonio decise di accettare il successivo invito a recarsi in Cina per aiutare quella povera gente e diffondere il Vangelo tra di loro. Superato l'esame di Propaganda Fide, salutati parenti e amici, là sua dolce Umbria, il suo bel paese l'Italia, con il Crocifisso che fermato in vita dalla larga fascia dei missionari saliva fin sul petto, con un folto gruppo di missionari e missionarie, partì il 10 ottobre 1867.

Dopo sessantasei giorni di navigazione giunse con altri religiosi alla procura francescana di Uccian nel Hu-pé.

Riposati dal lungo viaggio e ristorati nello spirito, si abbigliarono alla cinese: accomodarono a pizzetto la barba già lunga per il viaggio, si legarono a codino i capelli che di proposito non avevano visto da mesi le forbici e, deposto il grezzo saio francescano, indossarono la vesta di seta del letterato che costituiva il passaporto per venire ascoltati dalle autorità locali. Con il nuovo look, al Fantosati venne imposto il nome nuovo di Fan-koae-te, ossia Fantosati il virtuoso.

Il viaggio per lui non era finito. Con fra Diego Lera si mise in barca per raggiungere la sua missione. Dopo un mese di barca sul fiume Han, grande affluente dell'Azzurro, e qualche chilometro a piedi, i due giunsero a Hoang-scia-ja-tze dove si fermò fra Diego.

Fan il virtuoso doveva percorrere ancora quindici giorni di strada a piedi per arrivare alla missione di Sciare Kin dove giunse verso la fine di marzo. La sua missione si trovava in una minuscola cittadina sospesa su burroni tenebrosi e serrata tra montagne rocciose che toglievano l'orizzonte e il respiro per quattrocento chilometri, senza vie di comunicazione con un centro di vita civile. Poi gli venne assegnata un'altra zona ancor più remota, sin quando non venne trasferito nell'importante porto di Laoho-kow.

Operò nell'Alto Hu-pé per venticinque anni e con la sua affabilità alzò il prestigio della Chiesa Cattolica nella regione per cui mandarini e letterati si sentivano onorati dell'amicizia del maestro europeo. Nel 1892 fu fatto Vescovo del Hunan meridionale. Ma i tempi sì facevano sempre più duri: una disastrosa siccità uccise persone e animali, si diffusero epidemie; i cristiani furono oggetto delle più strane calunnie; i mandarini del Hunan furono invasi da un cieco parossismo
antieuropeo e anticristiano.

La persecuzione nel Hunan scoppiò la notte del 3 luglio 1900. Il giorno 7 a ricevere la palma del martirio per amore di Cristo e delle anime fu il Vescovo Fan il virtuoso.

Venne beatificato con i ventisei martiri cinesi il 24 novembre 1946.

 

Una Chiesa bagnata dal sangue dei martiri

«Il sangue dei martiri è la linfa dei nuovi cristiani»! Così scriveva Tertulliano nel I secolo dopo Cristo. Ed è la verità che da duemila anni splende sul volto della Chiesa e ne ren de forte il cammino, bagnato incessantemente dal sangue.

È un dramma che, iniziato con il primo martire della storia, Gesù, continua sino ai martiri dei nostri giorni.

La stessa nascita e crescita di quasi tutte le Chiese particolari, sparse nel mondo, spessissimo bagnata dal sangue dei martiri. L'antica chiesa particolare di Spoleto, ove nacque sant'Antonino Fantosati, fu irrorata dal sangue generoso dei martiri che ne hanno imporporato gli inizi sofferti nel territorio, determinandone la perenne fecondità e la crescita rigogliosa.

Ma perché questo riferimento? Perché uno strettissimo legame unisce la vicenda di ogni martire, anche se lontano nel tempo, agli inizi di quella Chiesa che lo ha accolto al momento del suo battesimo, generandolo alla fede e unendolo ai martiri del passato per quella riaffermata comunione dei santi che è frutto maturo e splendido reso fecondo nel tempo dal sangue dei martiri. Anche a Spoleto, in una terra pagana, arida bruciata dal male e dagli odi tribali, agli albori della vicenda cristiana, il 14 gennaio del 175, un ardente giovane cristiano, di nome Ponziano, venne decapitato sotto l'imperatore Antonino, per ordine del giudice Fabiano. Egli non aveva particolari incarichi nella comunità cristiana, non era né vescovo né prete né diacono ma era un semplice convintissimo cristiano che, pieno di fierezza, alle richieste del giudice Fabiano risponderà con forza: «Ponziano è il nome datomi dai miei genitori, ma più di ogni altra cosa al mondo, desidero essere chiamato cristiano».

Egli è il protomartire di Spoleto ma, dopo di lui, una serie di martiri generosi e forti, saldi nella fede e coraggiosi nella prova si accesero come stelle fulgenti in tutto il territorio, determinando la crescita di comunità cristiane particolarmente vivaci. Essi furono i martiri fondatori di questa Chiesa. A Spoleto, dopo san Ponziano speciale Patrono, sarà la volta dei martiri Sabino e Gregorio, Barattale, Sanzio e Concordio, Giovanni, Arcivescovo a S. Pietro di Spoleto, Brizio, uno dei dodici fratelli venuti sin qui dalla lontana Siria. E ancora, una vera schiera di martiri sul territorio diocesano di Spoleto.

LANFRANCO BUSETTI

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