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Affresco di Bovara

(Franco Spellani, Riscoperto un affresco del XV secolo a Bovara di Trevi,
in Bollettino storico della città di Foligno, XX - XXI, Foligno 1999)

Nella primavera del ’98, nel corso dei lavori per "mettere in sicurezza" un edificio danneggiato dal terremoto, è tornato alla luce un bell’affresco della metà del Quattrocento. La scoperta è avvenuta a Bovara di Trevi, in un locale a piano terra, utilizzato come ripostiglio, dove erano accatastati legnami da almeno mezzo secolo. La superficie dipinta occupa un’area di circa 4 m2 e la scena all’interno del riquadro e della cornice misura cm 187 x 157. Vi è rappresentata una Madonna in trono in atto di offrire un pomo al Bambino in piedi, benedicente. Alla sua destra S. Giovanni Battista, vestito con un vello ricoperto da un manto rosso, indica con la destra il Salvatore e con l’altra mano regge un cartiglio in cui si legge "ecce angnus dei ecce qui tollit pec…" Dall’altro lato una bella figura di S. Pietro con il libro e le chiavi. Fa da sfondo un drappo decorato con motivi floreali geometrici. L’opera è in buono stato di conservazione essendo le figure pressoché integre. Trevi, Bovara: Bartolomeo da Miranda, affresco

La parte superiore è stata danneggiata da un vecchio intervento per la costruzione di un rudimentale solaio, le cui travi insistono proprio al limite della cornice. I distacchi dell’intonaco interessano la parte finale del cartiglio di S. Giovanni danneggiando le ultime due parole, del resto facilmente intuibili, e sfiorano appena i nimbi delle figure. Purtroppo la messa in opera di una putrella di ferro, negli anni Trenta, ha danneggiato la parte inferiore del manto di S. Giovanni, mentre un altro intervento in corrispondenza dei piedi della Madonna ha disgraziatamente fatto perdere un tratto della lunga scritta inferiore, proprio nella parte ove probabilmente era il nome dell’autore. I caratteri rimasti sono sbiaditi da evidenti reiterati contatti essendo ad altezza d’uomo e, sia pure con qualche incertezza, si può leggere:

o ihs Xpo [ver]gie maria adorate [o ihs] Xpo vergie maria :. [                    ] :. ano dni M44 [ ] iiii [ ]

 

Purtroppo l’ultima cifra della data è assolutamente incerta: potrebbe leggersi 1449, o addirittura 1440 e nelle successive aste verticali "mens[is]" e l’accenno di una "A", forse "Apr[ilis]". Di conseguenza, attenendosi soltanto ai caratteri decifrabili con sicurezza, l’opera si deve collocare nel quarto decennio del XV secolo.

Con il conforto del giudizio di uno studioso particolarmente competente, la pittura è da considerarsi di mano di Bartolomeo da Miranda, attivo a quell’epoca nella zona, particolarmente nella vicina chiesa di Pietrarossa, ove esistono ben cinque affreschi firmati ed altrettanti attribuiti a lui o alla sua scuola1.

In tutti si ritrovano gli elementi che figurano nell’affresco di Bovara. L’immagine che più gli somiglia (fig. 2) è all’interno della chiesa, nella navata destra, indicata da vari autori come la Madonna della mela2, immediatamente sotto l’Annunciazione dello stesso autore3.

La decorazione "a grandi fiori stilizzati", che qui orna il manto della Madonna, è comune a molte altre immagini a Pietrarossa ed è una delle caratteristiche del pittore4, ma soltanto in questa immagine e in quella contigua, indicata come Madonna in Trono  le "rose" sono racchiuse da linee continue sinusoidali verticali come nel drappeggio di fondo dell’affresco di Bovara. Identica è l’inclinazione della testa della Vergine e molto simile il profilo del viso; identica è altresì la scena della Madonna che offre al Bambino una mela, qui più evidente che a Bovara.

La forma e la decorazione del trono della Madonna sono ricorrenti, con leggerissime varianti, in tutte le opere attribuite sia a Bartolomeo che alla sua scuola. In particolare, dove è visibile come nella pittura di Bovara, il rilievo a losanga al centro degli specchi laterali e anteriore del sedile è una costante assoluta, quasi che all’epoca non si fosse mai visto altro scranno. Ma tra le numerose rappresentazioni della Madonna con Bambino attribuite a Bartolomeo da Miranda, la più somigliante a quella di Bovara è l’opera conservata al Museo di Belle Arti di Budapest, pubblicata da Bruno Toscano nel suo studio fondamentale per la conoscenza del pittore5.

La differenza tra le due immagini sta solo nella posizione del Bambino. Tutti gli altri elementi sono identici: il viso della Madonna, il leggero velo annodato sul davanti, la mano che porge la mela, il manto che si richiude all’altezza delle ginocchia, la decorazione del drappo posteriore e il disegno a triangoli della cornice. Quanto alla decorazione a motivi floreali, le uniche varianti tra le immagini ora esaminate consistono soltanto nei punti di contatto delle linee curve che corrono in senso verticale, ciascuna sfasata rispetto alla contigua, con la funzione di incorniciare e separare le "rose". A Bovara e nella Madonna in Trono di Pietrarossa sono raccordate con un fiorellino a cinque petali e sono dello stesso colore rosso mattone, mentre a Budapest e nella Madonna della Mela sono separate da un semplice punto, a Budapest ancora più piccolo che a Pietrarossa.

La figura di S. Pietro, che guarda con tenerezza il Bambino, richiama fortemente, nel portamento maestoso e nei colori, l’immagine raffigurata frontalmente e ancor più solenne nella chiesa di S. Pietro a Pettine, poco più a monte della chiesa di Pietrarossa, recentemente attribuita allo stesso pittore6.

Infine il S. Giovanni trova forti analogie con lo stesso santo dell’affresco di Trequanda7, particolarmente nelle sformate estremità inferiori, caratteristiche nell’iconografia del Battista, assolutamente identiche nelle due opere, sia nel disegno che nella posizione. Perfettamente coincidenti sono anche le scritte nei due cartigli, particolarmente nella grafia angnus, non assolutamente insolita ma neppure tanto frequente8.

.Sembra evidente che un affresco di queste dimensioni a soggetto sacro abbia dovuto decorare un edificio di culto, ma attualmente si stenta a riconoscervi una chiesa, in particolare per la presenza di un camino. Probabilmente la chiesetta originale venne trasformata, con interventi radicali, già da tempi remoti come del resto denotano gli intonaci molto antichi. Non si trova nelle antiche memorie – in particolare nel Natalucci9, che descrisse minuziosamente il territorio trevano e che esaminò praticamente tutti i documenti allora esistenti – alcun cenno ad un edificio sacro che si possa ricondurre a questo. Potrebbe essere stato intitolato a S. Giovanni, qui raffigurato in evidenza parimenti a S. Pietro, che però è il titolare della chiesa abbaziale di Bovara, allora retta dai benedettini, e nelle cui pertinenze molto probabilmente era questo luogo distante solo 200 m dal recinto dell’abbazia. Ugualmente negativo è stato il risultato della ricerca nelle Rationes decimarum Italiae10, dove si esaminano elenchi di chiese più antiche.

Probabilmente nella chiesa originale l’altare era addossato alla parete ovest, tra le due finestrine, ineguali ed asimmetriche, poste a m. 2,50 dal pavimento. Di conseguenza l’affresco si veniva a trovare alla sinistra di chi guarda l’altare e di fianco all’altare stesso e l’intervento all’altezza dei piedi della Madonna potrebbe essere stato effettuato per ricavare un ripostiglio successivamente tamponato.

La porta nella parete sud, con arco a tutto sesto in mattoni, è tipica dell’architettura locale della metà del Quattrocento e pertanto coeva all’affresco.

L’aspetto differente dell’intonaco e della tinteggiatura tra le due metà del locale indica chiaramente che questo fu diviso da una sottile parete per creare, nella parte non interessata dall’affresco, l’abitazione del pastore, essendo un vano adiacente usato come ovile.

Il locale, parte di un complesso di edifici colonici a ridosso della casa padronale, è di proprietà privata. Attualmente è circondato da appartamenti restaurati di recente per accoglienza dei turisti. Dopo la scoperta di quest’affresco, le proprietarie che gestiscono l’Agriturismo "I Mandorli", hanno deciso di restaurare il locale per la piena fruibilità dell’opera da parte degli ospiti ed eventuali studiosi

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Aggiornamento: 27 aprile 2017.

1) Appartengono sicuramente a questa scuola anche la Madonna di S. Arcangelo, già segnalata in S. Nessi, Trevi e dintorni, Spello, 1991, p. 123 e un frammento nella chiesa di S. Francesco in Trevi, sulla parete sud vicino alla porta minore.

2) A. Pantaleo, La chiesa di S. Maria di Pietrarossa di Trevi nella storia artistica di Trevi, tesi di laurea, Facoltà di Lettere, Università di Napoli 1971, cap III, parte II, n.5.
G. Guerrini, Le iscrizioni sui dipinti di S. Maria di Pietrarossa, in “Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria”, LXXXVII (1990), p. 105.

3) Sono state prese in esame soltanto le opere firmate, anche se è sempre più difficile - per il rapido degrado delle pitture causato dall’umidità che risale dal terreno - recuperare tutti i caratteri ancora leggibili fino a pochi anni orsono. In particolare, i due autori sopra citati, nella firma della Madonna della Mela hanno letto Bartolomeo, mentre ora sembra più plausibile Bartolomeus. Il grave problema del degrado dei dipinti della chiesa di Pietrarossa è stato trattato in: P. Felicetti, B.Bruni, I problemi della conservazione e del restauro dei dipinti, in “Bollettino” cit., pp.111 – 116.

4) R. Quirino, Gli affreschi di S. Maria di Pietrarossa, in “Bollettino” cit., p. 100.

5) B. Toscano, Bartolomeo da Miranda, in “Scritti di storia dell’arte in onore di Federico Zeri”, Milano 1984, p.95.

6) F. Todini, La pittura umbra, Dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano 1989, p. 26.

7) B. Toscano, op. cit., p. 100.

8) Su Bartolomeo da Miranda, oltre agli autori citati, cfr. C. Fratini, “Campilio” da Spoleto e la pittura nel Ducato alla fine del Quattrocento, in “Esrcizi”, 8 (1985), p. 15, nota 4;  B. Toscano, La pittura in Umbria nel Quattrocento, in AA.VV., Pittura in Italia, Il Quattrocento, II, Milano 1987; pp. 373, 374, 572.

9) D. Natalucci, Historia dello stato temporale ed ecclesiastico di Trevi, (1745), Todi 1985

10) P. Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Umbria, Città del Vaticano 1952